ROBBEN FORD Into The Sun

di Riccardo Trevisano
01 maggio 2015

intervista

ROBBEN FORD
Into The Sun
L’ultima fatica discografica di Robben Ford si intitola "Into The Sun" e mette in luce tutto il suo sofisticato songwriting, il suo sconfinato vocabolario fatto di jazz, pop, blues e rock e la più emozionante performance vocale della sua carriera...

Se il buon giorno si vede dal mattino, il 2015 sarà un buon anno per il blues. Già in questo primo scorcio si sono succedute uscite interessanti, dagli album live di Joe Bonamassa e Ian Siegal ai lavori nuovi di zecca di Dan Patlansky e Robin Trower, sino alle interessanti ristampe d’archivio firmate Gov’t Mule.

Ad aggiungere carne sul fuoco ci pensa ora Into The Sun, il nuovo album di Robben Ford che prevede il contributo di illustri colleghi come Keb’ Mo, Robert Randolph, ZZ Ward, Tyler Bryant, Warren Haynes e “last but not least” Sonny Landreth.

Riferimento-primo per numerosi chitarristi del globo, quasi 40 dischi all’attivo, 63 anni di età e tanta voglia di suonare ed esprimersi al meglio, oggi Robben Ford si lascia trasportare da un’ondata di giovanile entusiasmo e sigla un album ricco di colori e nuances, tecnica e gusto, oltre alla più emozionante performance vocale della sua vita.

ROBBEN FORD IN ITALIA 2015...

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14 maggio Roma – 16 maggio Padova

Non c’è pressione in Into The Sun, nessun timore da prestazione, ma una rilassatezza e una concentrazione ai massimi livelli. Non si tratta di reinventare la ruota, ma è innegabile che ci si trova di fronte a un Robben Ford al top della forma, che prova gioia nel comporre e suonare con gli amici, nel costruire un brano parte-per-parte, con cura e devozione. Nessun ego trip, ma un artista in compagnia di artisti: tutti in uno studio di registrazione, entusiasti, intenti a suonare ed esprimersi. “Per me tutto ha a che fare con l’arte...” - spiega Ford - “... e se lavori sodo, ottieni sempre ottimi risultati. Con Into The Sun posso dire di aver raggiunto il punto più alto della mia parabola creativa. Questi brani sono senza dubbio tra i miei migliori...” Alla luce di tutto questo, il titolo Into The Sun suona decisamente perfetto.

Come è nato il progetto Into The Sun?
Avendo avuto molto tempo a disposizione per realizzarlo - oggi un vero lusso - mi sono ritrovato con almeno una ventina d’idee in embrione. Selezionare quelle giuste non è stato un problema: una bella idea si presenta da sola! Dunque, ho elaborato il tutto, previsto strumenti ed arrangiamenti e, in certi casi, gli ospiti. Considero Into The Sun uno dei miei lavori più riusciti, se non il migliore.

Il titolo non è quello di un brano...
A volte, forse per pigrizia o per comodità, si prende quello di un brano, spesso il più rappresentativo. Non stavolta. In questo caso, non c’è un brano che svetta sugli altri: sarà il gusto dell’ascoltatore a stilare la sua classifica. Così ho tratto spunto dalle session fotografiche fatte per la copertina: scatti che mi ritraggono in questo spazio aperto, mentre cammino verso il sole. In essi c’è tutto: il mio nome sullo sfondo, la luce calda del tramonto e la mia fedele Telecaster del 1960...

Sull’album compaiono diversi ospiti: Keb’ Mo’, Robert Randolph, ZZ Ward, Tyler Bryant, Warren Haynes e Sonny Landreth. Come sei riuscito a coinvolgerli?
L’idea di coinvolgere alcuni ospiti è venuta al mio management, che ho cambiato da poco. Ti confesso però che la mia prima reazione è stata un secco rifiuto: sono molto protettivo riguardo alle mie composizioni e solitamente non amo (con)dividerle con altri. Pensiamo a un pittore: a quale farebbe piacere se qualcuno aggiungesse delle pennellate dopo che ha terminato il dipinto? Tornando al disco, tuttavia, mi hanno convinto e devo riconoscere che il risultato è stato grandioso. I primi a cui ho pensato sono stati Keb’ Mo’ e Warren Haynes: ci conosciamo da anni e mi è capitato spesso di suonare con loro. Entrambi sono dei professionisti e persone alla mano, quindi ero sicuro che in studio, tutto sarebbe filato liscio. Riguardo a Sonny [Landreth] in passato avevo già pensato di realizzare un album con lui! Sonny è un magnifico chitarrista ed il suo contributo in studio è stato prezioso. Siamo amici da tempo e in passato ho suonato in un suo album, tuttavia non avevamo mai avuto la possibilità di suonare assieme tanto a lungo.

Ho ritenuto dunque che questa fosse la volta buona! [ride] Keb e Robert compaiono in Justified, un brano davvero forte... sono scaturite ottime vibrazioni in quelle session! Riguardo a Tyler e ZZ Ward, io non li conoscevo e così mi sono documentato tramite YouTube. A differenza degli altri ospiti, ZZ Ward ha registrato in studio senza aver provato. E con che risultato! La mia paura era che ospitando musicisti differenti si sarebbe persa l’omogeneità che volevo come tratto distintivo dell’album. Non è andata così e tutti gli interventi si sono rivelati ottimi ed appropriati...

In So Long 4 U si distingue un Sonny Landreth in gran spolvero...
Questo brano lo ha scritto mio nipote, Gabriel Ford, ed è il secondo che ha composto lui per me. [Il primo brano fu Too Much inserito nell’album Truth, 2007]. Quando ho iniziato a lavorare a questo album, gli dissi: “hey Gabe, se hai qualcosa di interessante da propormi fammelo sapere...” Si è presentato con un paio di idee ed io ho scelto questa che ho affrontato con guitar slide, pianoforte e un paio di riff elettrici nel finale. Credo però che il vero punto di forza di questo brano sia Sonny. L’ho conosciuto verso la metà dei Novanta in occasione di alcuni show con le nostre rispettive band, e da allora non ci siamo più persi di vista. L’anno scorso ha preso parte al mio Campus vicino a New York e proprio lì abbiamo discusso della possibilità di registrare qualcosa insieme. Si è presentata l’occasione giusta e l’abbiamo colta al volo. Suonare con lui è semplicemente fantastico...

C’è un brano del disco che, in corso d’opera, è cambiato di molto rispetto all’idea d’origine?
Direi Justified, con Keb Mo’ e Robert Randolph. All’inizio avevo soltanto i primi due chorus e non riuscivo ad andare da nessuna parte. Poi, quando sono arrivati loro, le cose hanno preso a girare e, d’improvviso, il brano è decollato. A quel punto avevo una via da seguire, e da lì sono partito.

Quali chitarre e ampli hai utilizzato in Into The Sun?
Il mio vecchio ampli Dumble Overdrive Special che uso dal 1983! Riguardo alle chitarre, ho utilizzato la mia Fender Telecaster del 1960 e la Gibson SG del 1963 che adotto da alcuni anni. Più una SG del 1964 e una Gibson B-25 acustica. Corde D’Addario (010-046). Inoltre - in Howlin’ At The Moon - ho collegato la SG del 1963 ad un ampli Pro, mentre in Cause Of War a un Fender Twin e un Deluxe che mi ha prestato Larry Carlton. In questi brani ho voluto creare un sound diverso dal resto dell’album.

Ripercorrendo il corso del tempo, quale ritieni sia stato il momento clou per la tua crescita artistica?
Probabilmente il biennio trascorso con Joni Mitchell. Quando entrai a far parte della sua band avevo 22 anni e più o meno zero esperienza. Sino ad allora avevo suonato in band formate con gli amici a suonare nei club quando, d’improvviso, mi ero ritrovato con musicisti di enorme caratura e talento. Fortunatamente mi considerarono una sorta di mascotte e tutti mi diedero preziosi suggerimenti: imparai moltissimo. Inoltre, credo che Joni non sia mai stata così bella e luminosa come in quel periodo! Un’esperienza unica ed irripetibile...

Se le cose fossero andate diversamente, in una sorta di sliding doors, cosa avresti fatto?
Se non ci fosse stata Joni? Non so cosa sarebbe stato di me! Da ragazzo mi ero prefissato di diventare un chitarrista blues dotato di un certo jazz mood. Entrare in un ambito diverso, accanto ad artisti di quel calibro, disposti peraltro a farmi crescere, ha avuto il suo bel peso sul percorso che avrei fatto di lì in avanti... E’ curioso come un solo episodio ti possa condizionare la vita intera!

I prossimi impegni, iniziando dagli show italiani a supporto del nuovo album?
Sono reduce da un tour statunitense e tra poco prenderò a suonare in Europa, Italia compresa. Poi tornerò negli States per alcune date sulla West Coast. Infine, dal 31 agosto al 4 settembre 2015, farò il mio guitar-camp nelle Catskill Mountains (30 miglia a ovest di Woodstock). Anzi, tutti gli amici interessati all’iniziativa, troveranno ogni informazione sul mio sito! (www.robbenford.com)

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