BLACK LABEL SOCIETY ZAKK WYLDE Catacombs Of The Black Vatican

di Paolo Battigelli
12 settembre 2016

intervista

BLACK LABEL SOCIETY
ZAKK WYLDE
Catacombs Of The Black Vatican
“Affronta le tue paure. Accetta la battaglia. Distruggi e conquista. Entra nelle catacombe del Vaticano Nero. Con forza, determinazione e crudeltà. Sempre...” Questo è lo slogan che ha accompagna sul sito della Black Label Society l’uscita del nuovo album titolato Catacombs of The Black Vatican. E a poco serve che Zakk Wylde, leader indiscusso della band, spieghi in tono scherzoso che si tratta di una semplice boutade, più adatta a stigmatizzare il modo corretto di affrontare le insidie della vita matrimoniale piuttosto che presentare un disco: ma l’eco sinistro di quelle parole risuona nelle nostre orecchie come un campanello d’allarme...

Cosa celano gli anfratti oscuri di quei luoghi sotterranei indicati da Zakk Wylde? E poi, Dan Brown, insegna, che entro le mura vaticane, il mistero aleggia da tempo immemore!... Ok, l’intro è leggermente melodrammatica. Ma è lo stesso Zakk, all’inizio della nostra chiacchierata, a giocarci su tessendo una ragnatela di fitto mistero attorno al decimo album di studio della sua creatura musicale. Salvo poi, allorché la discussione prende una piega più seria (... non seriosa, Mr. Wylde non lo permetterebbe!), sdrammatizzare squarciando il velo nero per mostrare ciò che realmente...

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è: una raccolta di 11 brani rock metal, ottimamente composti e ancor meglio eseguiti, che riconsegnano il nerboruto axeman ai fasti della sua (meritata) leggenda dopo la parentesi acustica di Unblackened.

Dal precedente The Order of The Black sono trascorsi 5 anni, non pochi, e sebbene gli ingredienti della ricetta siano sostanzialmente i medesimi, la prima impressione è di ascoltare qualcosa di nuovo, un vento che accarezza il viso alternando lievi refoli a sferzanti folate di aria gelida.
La Doom Crew, lo zoccolo duro dei fan, ha atteso con pazienza il suo arrivo e alla fine è stata premiata. Catacombs è un concentrato di ottime heavy song, passando da toni epici e atmosfere classic rock a slow ballad e brani dai riflessi metal. Un saltabeccare dai Black Sabbath (... non potrebbe essere altrimenti) agli Alice In Chains, dai Led Zeppelin al rock blues anni ‘70. Il tutto, a fronte di arrangiamenti decisamente heavy, assoli memorabili e riff incandescenti.

Catacombs Of The Black Vatican - il titolo è preso dal nome dello studio casalingo situato nel seminterrato della mansion di Zakk - è anche il primo album senza il chitarrista Nick Catanese, sostituito sul palco (per ora ) da Dario Lorina (ex Lizzy Borden). In studio, tutte le parti di chitarra dell’album sono state suonate dallo stesso Wylde, il quale si è interessato anche della produzione e dell’aspetto grafico della copertina (... un trono di teschi: le catacombe svelate?)

Quella che segue è una delle primissime interviste che Zakk Wylde concede riguardo a Catacombs Of The Black Vatican, il nuovo album della BLS.

La sua voce al telefono giunge chiara e nitida, l’ironia è quella dei giorni migliori [ “i teschi della copertina? Ho raccolto alcune cose, giù nelle catacombe!...] e l’impazienza di parlare del nuovo nato, è degna del più orgoglioso dei genitori...

Quando è iniziato il processo creativo che ha portato alla realizzazione di Catacombs Of The Black Vatican? Si dice tu abbia preso spunto da alcuni riff mentre eri on the road. Confermi?
Quando siamo in tour, solitamente sono il primo ad alzarmi e l’ultimo ad andare a dormire: semplicemente perché non bevo più. Perciò, quando mi sveglio, imbraccio la chitarra acustica e inizio a suonare qualche scala, poi passo a melodie tranquille, sul genere CCR o Bob Seger: niente di impegnativo o tecnicamente complesso. Alla fine del tour, elaboro queste idee e inizio a concentrarmi sui riff. Ecco, sono queste le fondamenta su cui si basa ogni album, soprattutto questo. Se compongo col pianoforte, il risultato sarà qualcosa sullo stile di Neil Young o degli Eagles; mentre se compongo con la chitarra acustica, solitamente una Epiphone o una Gibson, il brano avrà il sapore degli Stones o di Bob Seger. Mi sono ritrovato con la bozza di 20/25 song e, alla fine, ne ho selezionate una dozzina. Una delle prime è stata Angel Of Mercy che ho composto col piano. Subito dopo è arrivata Scars. Queste due canzoni sono le uniche un po’ datate: tutte le altre sono nate on-the-spot’, rintanato nel mio studio.

Già, lo studio. Lo stesso che ha ispirato il titolo dell’album, giusto?
Parliamoci chiaro. Sono di religione cattolica irlandese, perciò il titolo ci sta tutto! Ti spiego... In origine il mio studio si chiamava The Bunker [fortino, rifugio]; poi però Ozzy [Osbourne] iniziò a chiamare il suo studio con questo nome e così ho dovuto cambiarlo e ho scelto The Vatican. Il colore nero era d’obbligo, visto che il gruppo si chiama Black Label Society... voglio dire, se fossi stato Hendrix avrei dipinto le pareti di viola! [da Purple Haze] e poi ci ho aggiunto Catacombs perché sono 25 anni che frequento le catacombe del music business! [ride] Scherzi a parte, le catacombe del titolo sono le varie song. Allora vi si trovavano i resti dei primi cristiani; oggi nelle mie catacombe, considerato che sono pulito, non si tratta di un assortimento di droghe ma barattoli di colla, steroidi e confezioni di Viagra! [ride]

E della copertina, che ci dici?
Mi sembra chiaro. Raffigura alcuni ex compagni di scuola che si ritrovano per una rimpatriata! Mi è parsa subito una bella immagine, legata al titolo, alle catacombe come sepolcri. Non ho mai avuto la possibilità di visitare le catacombe o comunque i sotterranei del Vaticano, ma sono certo che sarebbe un’esperienza unica.

Ogni artista ritiene ogni nuovo album il migliore mai realizzato... ci dici qualcosa di diverso, parlando appunto di Catacombs Of The Black Vatican?
La prima volta che l’ho ascoltato mi sono guardato allo specchio e ho iniziato a fare strane facce. Ho pensato ‘ma è così forte?’ La seconda volta ho assunto espressioni ancora più improbabili e ho pensato ‘my god, ma è davvero così forte?’ Soddisfatto ? Scherzi a parte... i miei fan, quelli interessati ai riff massicci e le aspre parti vocali della BLS, non rimarranno delusi. Naturalmente non è un punto di partenza verso nuovi lidi, non ho deciso di darmi al jazz rock; ma - santo cielo - è un po’ ciò che accadeva all’uscita di un album degli Zeppelin o dei Black Sabbath: ci si aspettava da loro una manciata di ass-kicking riffs modello Zeppelin o Sabbath. Per la BLS Catacombs Of The Black Vatican è proprio questo. Un mix degli album precedenti... soltanto con i titoli cambiati!

Non essere modesto! [ridiamo] Qual è il segreto di Zakk Wylde?
Nessun segreto. Quando mi metto al lavoro, ho due punti fermi da cui partire: concentrarsi su groove e riff, ovvero, le colonne su cui si regge tutto. Catacombs è un grande riff album: riff, sempre riff, fortissimamente riff. Tonnellate di riff! Un segreto di pulcinella ma che funziona sempre! Catacombs parla da sé o, meglio, suona da sé.

Il primo singolo, anche se so che il termine non ti aggrada, è My Dying Time. Un suono di chitarra oscuro e tenebroso che introduce un heavy groove seguito da un assolo maligno, di quelli che ti hanno garantito un posto in squadra al fianco di Ozzy Osbourne...
Ogni song è una tessera del puzzle, ognuna ugualmente importante. Però bisogna sceglierne una come biglietto da visita e così abbiamo optato per My Dying Time. Ricordo il mio stato d’animo quando la scrissi, parla di un mio amico morto per overdose. Mi sorpresi a ricordare i vecchi tempi e osservare come gli anni scorrano troppo velocemente! L’intro l’ho suonata con la Les Paul Signature e l’assolo è in shred style, una delle mie prerogative... pur se non sarò mai interessato a battere il record delle note suonate in un minuto! Nutro il massimo rispetto per quel genere di chitarristi ma l’ipertecnicismo non fa per me...

A proposito di Gibson, quali hai utilizzato sull’album?
In prevalenza la mia Gibson Les Paul Custom. Per i suoni puliti, ad esempio in Angel Of Mercy, Scars e Shades Of Grey, ho utilizzato una Les Paul Junior del ‘57 e una del ‘58 con pickup P90. Per gli assoli ho usato perlopiù la Gibson Modern Of Doom e talvolta la Gibson Firebird e la Les Paul Vertigo. Riguardo alle chitarre acustiche, le mie preferite sono la Gibson J200 e la Epiphone...

Corde?
Dunlop Zakk Wylde Signature. Con il Floyd Rose uso mute 010-052, mentre sulle Les Paul regolari monto 010-060. Anche i miei plettri sono Dunlop.

Ampli?
Nel corso delle registrazioni ho utilizzato il mio nuovo Marshall Signature su cui, peraltro, stiamo ancora lavorando, ed il mio vecchio Signature.

Due brani interessanti dell’album, Empty Promises e Shades Of Grey, sono anche i più lunghi. Ce ne parli?
Sono due brani molto diversi tra loro. Empty Promises è nato in studio una mattina prima dell’arrivo dei ragazzi. Inizia con un suono selvaggio e tribale delle percussioni, amalgamato a quello adrenalinico della batteria. L’idea era di creare un muro contro il quale si infrangesse la chitarra e l’incedere ha qualcosa di epico e al contempo di oscuro e maligno. L’assolo l’ho suonato con la Modern Of Doom: è uno dei miei preferiti e vi ho fatto largo uso del wah-wah. Al contrario, Shades Of Grey, uno dei brani più datati, svela l’altra faccia di me, quella più tranquilla e riflessiva. Qui ho usato la Les Paul Bull’s Eye Custom e l’assolo ha un mood anni 70.

Parliamo un attimo delle altre due ballad del disco, Scars e Angel Of Mercy?
La prima l’ho composta con la chitarra acustica, mentre la seconda col pianoforte. Anche in Scars ho suonato il piano e del resto lo considero uno strumento di basilare importanza per la composizione. Ci tengo a dire che molte parti di piano dell’album Unbleckened (2013) le avevo suonate io... Parlando di assoli, quello in Angel Of Mercy è piuttosto dilatato, con suoni di stampo classic rock, mentre quello di Scars è più tecnico con interventi di slide. Solitamente gli assoli sono tra le ultime cose che creo. In primis, nasce il riff, seguito da melodia e parti vocali... direi che l’assolo è la diretta conseguenza di tutto questo.

L’assolo in Angel Of Mercy riporta all’atmosfera di Stairway To Heaven degli Zeppelin...
E’ un gran complimento, grazie! Sono da sempre un fan degli Zeppelin e sentirmi paragonato a Jimmy Page è un onore!

Nei tuoi assoli ricorre spesso l’uso del wah-wah...
Solo in certe circostanze e mai in maniera impropria. L’uso del wah-wah pedal sa molto di anni ‘70, di rock classico, e a me viene automatico perché quella è la musica con cui sono cresciuto.

Sei solito fare sovraincisioni o preferisci la presa diretta?
Prediligo suonare in presa diretta. Molti brani, ad esempio Damn The Flood (che ho suonato con la Gibson Firebird), sono frutto di lunghe jam.

Tra le novità della BLS, vi è l’inserimento in squadra del chitarrista Dario Lorina [utilizza LAG Guitars Signature] al posto di Nick Catanese. Anche se, per il momento, solo sul palco...
Nick ha lasciato la band verso la fine dello scorso anno ed è stata una separazione amichevole. Il mio manager sapeva che stavamo cercando un sostituto e ci disse di conoscere il tipo giusto: un ragazzo di Las Vegas, ottimo chitarrista e buon cantante... il che non guastava. Scoprii dove suonava e lo andai a vedere: era davvero speciale. Lo chiamai e lo invitai a venirci a trovare al Vatican Studio per conoscerci meglio... Esame superato a pieni voti. E’ necessario possedere due qualità fondamentali per essere ammesso in questa band: non devi attirare troppo l’attenzione perché questo ruolo spetta unicamente a me che sono il leader, e devi sapere suonare il tuo strumento come dio comanda. Se possiedi entrambe le doti... sei dei nostri!

Dicevi che il distacco di Catanese è stato amichevole, confermi?
Assolutamente. Nessuno verrà mai licenziato dai BLS, si tratta solo di perseguire altri obiettivi, cogliere altre opportunità, come appunto è accaduto a Nick. Ci sarà sempre posto per lui. La nostra è una confraternita, una sorta di famiglia allargata. Non ci sono discussioni, ne scontri. Non ho mai avuto il desiderio di rompere il naso o un braccio a un musicista solo perché intralciava il mio cammino! Tornando a Nick, per i miei figli sarà sempre lo zio Nick e promuoveremo ciò che farà tramite il nostro sito.

Chiariamo un punto. Chi ha suonato la chitarra ritmica in Catacombs of The Black Vatican?
Quando chiamai Nick perché si unisse a noi nella realizzazione dell’album, mi disse di essere impegnato al 100% in un altro progetto, così gli augurai buona fortuna e mi rimboccai le maniche. Quando arrivò Dario [Lorina] tutte le parti di chitarra le avevo già registrate io.

Ricordi la tua prima chitarra?
Ho iniziato suonando con una copia economica di una Les Paul e, prima di questa, usavo una acustica di cui non ricordo neanche la marca. La prima di un certo valore fu una Gibson SG: naturalmente sulla paletta c’era la scritta Gibson e, ogni volta che la guardavo, pensavo “cavolo, ora sì che possiedo una vera chitarra!’

Quelle a cui sei più affezionato?
Le amo tutte, ma se proprio ci tieni, direi la Les Paul Grail e la Les Paul Rebel. Con la Grail scrissi Miracle Man, la prima canzone per Ozzy e ancora oggi quella che preferisco, mentre la Rebel arrivò durante la registrazione di No More Tears (1991).

La più datata che possiedi?
Una Les Paul Junior del ’57 che mi regalò Ozzy per il mio 20esimo compleanno... ai tempi di No Rest For The Wicked. Fu lui a procurarmela: i Sabbath allora, ci crederesti?... aprivano per i Mountain di Leslie West e Ozzy ha sempre sostenuto che Leslie è un “fuc*** great guitarist”! L’ho usata anche in Catacombs.

La cosa peggiore che ti è capitata sul palco?
Una volta in cui l’intero rig è saltato lasciandomi… muto e al buio! Può capitare di peggio a un musicista nel bel mezzo di uno show? Però me la sono cavata improvvisando alla grande. Sono o non sono Zakk Wylde?!

Catacombs of The Black Vatican step by step
11 i brani in scaletta (più due bonus track). Catacombs of The Black Vatican si apre sulle note grintose, quasi epiche di Fields Of The Unforgiveness il cui ritornello recita “così pensi che sia finita/Pensi sia tutto ormai deciso”, mentre la Les Paul di Zakk entra all’improvviso squarciando l’aria con un assolo da antologia. Il riff ti si appiccica come carta moschicida, ma non è un caso bensì una costante, dato che l’intero disco si erge maestoso su una mole di potenti riff di chitarra.

My Dying Time è il primo singolo (anche se Zakk aborre tale termine, considerandolo anacronistico e del tutto obsoleto) e il groove che la pervade è di chiara matrice Alice In Chains, arricchito da un assolo in puro shred style. Segue Believe, ovvero il volto classic metal di Zakk, con un tocco Sabbath in grado di aumentarne il tasso di adenalina. Da gustare l’intro di chitarra, il riff ammaliante e, soprattutto, l’assolo vecchio stile con uso smodato del pedale wah-wah.

Angel Of Mercy è la prima delle tre ballad (le altre sono Scars e Shades Of Gray). Semplice ma convincente e fascinosa, con una sezione d’archi abilmente inserita in fase di mixaggio. Il ritornello è irresistibile e dal vivo si annuncia come il più classico dei sing-along. La chitarra è un’acustica, almeno nella prima parte, e l’assolo finale in tipico rock style anni ‘70 (il mood riporta a Starway To Heaven degli Zeppelin ma, prima di gridare al reato di lesa maestà, è bene prestare ascolto!)

Heart Of Darkness ci riporta al suono pesante e metallico dei primi album della Black Label Society [BLS]: il riff conquista da subito e l’assolo, tecnico e breve, lascia il segno. Il solco è segnato, poi Beyond The Down cozza contro i nostri padiglioni auricolari con veemenza: il basso pompa e la batteria scandisce il tempo con incredibile vigore e potenza. L’assolo è di stampo classico e la voce di Zakk nitida e cristallina.

Ben diversa è Scars, la seconda ballad. Un mix di chitarra acustica e piano in stridente contrasto con l’assolo elettrico in slide: ma, forse, è proprio questa evidente dicotomia il suo maggior pregio.

Damn The Flood porta scritto a chiare lettere “un classico della BLS”: riff spietato, ritmo incalzante e assolo intriso di wah-wah. Si può volere di più? I’ve Gone Away è forse la migliore del lotto. Corale, epica, con i migliori arrangiamenti di heavy guitar, farà sanguinare le vostre orecchie, mentre l’assolo, in assoluto il più riuscito, vi farà sobbalzare dalla sedia. Dal vivo, un must.

Catacombs si chiude con i due brani più lunghi e ambiziosi, Empty Promises (5.16) e Shades Of Gray (6.28). Il primo inizia con il suono primitivo delle percussioni accompagnato da una chitarra insinuante e maligna; una intro dark, seguita da atmosfere quasi orchestrali e un assolo memorabile (anche qui il pedale wah-wah la fa da padrone). E se Empty Promises mostra il volto heavy rock di Wylde, la conclusiva Shades Of Gray, slow ballad dal sapore blues, ne incarna il lato più soft. Song oscura, profonda ed emotivamente coinvolgente, con versi del tipo “dove corri quando non ti puoi nascondere/Esteriormente sei vivo, ma dentro stai morendo...”

Catacombs of The Black Vatican è probabilmente il miglior album della BLS, prova della raggiunta maturità e saggezza del suo leader (ha da poco compiuto 47 anni); senza dubbio quello in grado di guardare al passato proiettandosi nel futuro. E non fatevi trarre in inganno quando il burbero Zakk afferma sogghignando: “qualcuno mi ha chiesto quale sia la differenza tra questo album e quelli passati. L’ho guardato dritto negli occhi e ho risposto: fondamentalmente è un concentrato dei brani dei precedenti 9 dischi... solo che ora hanno un titolo diverso!” Non è vero... A volte le catacombe riservano scoperte sorprendenti!

Black Label Society, lineup


Zakk Wylde (lead vocals, lead guitar, piano)
John DeServio (bass)
Chad Szeliga (drum)
Dario Lorina (rhythm guitar)

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