Highlord, Hic Suns Leones

di Maurizio Mazzarella
25 ottobre 2016

intervista

Highlord
Andrea Marchisio
Hic Suns Leones
In attività dal 1996, gli italiani Highlord sono un punto di riferimento del power metal in territorio nazionale ed europeo, nonché una solida realtà nel paese del Sol Levante. Dopo la firma di un nuovo contratto discografico, lo scorso giugno hanno pubblicato il loro ottavo capitolo discografico che hanno titolato "Hic Suns Leones"...

Forti di un brillante contratto con la teutonica Massacre Records, questa estate gli Highlord hanno sfornato "Hic Suns Leones", già indicato tra i migliori album della band torinese nata nel 1996 e divenuta un autentico punto di riferimento in ambito heavy/power non solo sulla Penisola, ma anche in Europa e Giappone.

Decisamente attivi sul palco e con uno stuolo di fan che li supporta con grande entusiasmo, al recente Rock In Somma Fest hanno sciorinato una performance maiuscola, i cui commenti sono rimbalzati in tutto l'habitat dell'underground.
Nell'intervista che segue, Andrea Marchisio ci parla degli Highlord e del nuovo album che rappresenta per la band una svolta sotto diversi profili...

HIGHLORD lineup: Andrea Marchisio (vocal) – Marco Malacarne (guitar) – Massimiliano Flak (bass) – Luca Pellegrino (drum) – Davide Cristofoli (keyboard)

Questa estate siete usciti con...

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Hic Suns Leones, il vostro ottavo album: ce ne parli?

Certamente! E’ la nostra ultima fatica... un disco di cui siamo orgogliosi, per diverse ragioni. Prima di tutto, perché sancisce una netta svolta nel sound degli Highlord... Dopo una serie di album che stavano pian piano allontanandosi dai lidi più classici del power per avvicinarsi all'habitat del metal melodico, siamo tornati ad un approccio alla composizione più immediato ed essenziale (molti brani sono attorno ai 4 minuti), ma anche più aggressivo e viscerale. Insomma, siamo tornati a pestare duro senza tanti complimenti! Riguardo alla band, l’album è stato composto e registrato in un periodo di tempo necessariamente lungo, considerata l’uscita di Sted, chitarrista e fondatore, nonché autore dei brani. Questo album, quindi è il risultato di una (ri)trovata voglia di fare musica insieme, e di quell’entusiasmo che ultimamente si era un po’ perso per strada.

Come è nata la band e quali sono le vostre origini?
Gli Highlord hanno una lunga storia alle spalle… Il primo nucleo risale infatti al 1996, quando il nostro moniker era ancora Avatar, poi modificato per questioni di omonimia. Un gruppo di amici con la passione per il power metal europeo che in quegli anni stava esplodendo. Da allora, dal cambio del nome in poi, ci sono stati diversi cambi di formazione (una cosa piuttosto normale in Italia per una band underground...), la pubblicazione di otto album ma, purtroppo, mai la cosiddetta grande occasione, la possibilità di uscire dal mare magnum dell’underground. Sono convinto però che, con la qualità del nuovo Hic Sunt Leones e la serietà di una etichetta come la Massacre alle spalle, qualcosa di significativo si profilerà all’orizzonte!

Come è nato invece il nome della band?
Come ti dicevo, considerata la necessità di dover cambiare il nome, Highlord è stato il risultato della passione di tutti noi per il fantasy, il role playing, i fumetti e tutte le tematiche legate al fantastico in generale: dai, diciamolo, siamo e saremo sempre un gruppo di irriducibili nerd! [ride]

Ci sono delle tematiche particolari che ispirano i vostri testi?
Il cosiddetto genere fantasy è stato importante per la prima connotazione lirica dei nostri brani, ma poi quel filone si è andato via via esaurendo: un po' per la nostra maturazione personale (in media, abbiamo tutti oltre i 30 anni…) e un po' per la necessità di parlare delle nostre esperienze, di condividere le nostre emozioni, positive e negative che siano... che poi sono quelle di tutti. Se vogliamo, la necessità, di parlare attraverso la nostra musica, e di fare in modo che chi legge i nostri testi possa magari vederci dentro un piccolo pezzo della sua esistenza. Hic Sunt Leones non è un vero e proprio concept, ma un disco a tema che affronta l’ignoto (i Leones al di là dei confini esplorati dagli antichi Romani, appunto) in ogni aspetto dell’esistenza umana: l’arte, l’amore, la morte, e così via. Se ci pensi, l’ignoto ci accompagna sempre: viviamo soltanto l’attimo del presente, non possiamo sapere quello che accadrà da qui al prossimo istante...

C’è un brano di "Hic Suns Leones" a cui vi sentite particolarmente legati sia da un punto di vista tecnico che emozionale?
Credo che ciascuno di noi risponderebbe in maniera diversa considerando che un brano puoò essere più stimolante di un altro dal punto di vista esecutivo, oppure dal punto di vista dell’apparato testuale. Personalmente, sono legato a "Once Were Immortal", forse uno dei testi più autobiografici della scaletta.

Quali sono gli elementi della vostra musica che possono incuriosire un vostro potenziale ascoltatore e quali, quindi, le qualità del vostro nuovo album?
Progredendo come compositori, abbiamo imparato ad eliminare qualche orpello allo scopo di essere più essenziali e diretti, in questo genere di musica in cui, invece, pare che i barocchismi siano necessari ad ogni costo! Inoltre, dedichiamo grande attenzione all'apparato melodico. Ad esempio, se io compongo una linea melodica, la faccio ascoltare agli altri e ne studio le reazioni. Se mi maledicono perché non riescono più a togliersela dalla testa, intuisco che ho lavorato nella maniera giusta! [ride]

In linea generale, come nasce un vostro brano?
Come dicevo prima, c’è stato un sensibile scossone a livello compositivo in seno alla band. Ultimamente, avevamo sviluppato un metodo di lavoro che funzionava, anche se forse non del tutto appagante: insomma, era una sola persona a comporre praticamente il 100% del materiale. Ora siamo partiti sempre dall’idea di base del compositore (il nostro bassista, Max, ha scritto gran parte dei nuovi brani...) ma e' stata sviluppata da ciascuno di noi tramite le proprie parti e arrangiamenti. In tal modo e' stato imbastito ogni brano. Quando siamo andati in sala, i pezzi erano ormai strutturati e a quel punto si e' trattato di limare gli spigoli e dedicarsi ai dettagli. Ciò che è venuto fuori, è il frutto del lavoro di cinque personalità che si sono impegnate per il risultato finale.

Quali band hanno influenzato maggiormente il vostro sound?
Credo che all’inizio della nostra storia, le band più classiche del filone power europeo (tipo gli Stratovarius o i nostrani Labyrinth), siano state le influenze più evidenti. Man mano che siamo maturati come musicisti e compositori, abbiamo cercato di imbastire un discorso più nostro... Come si suole dire, "guardare al passato per costruire il futuro!" Abbiamo attinto dalle influenze esercitate su tutti noi dalle storiche band di hard rock ed heavy metal, cercando di fondere e filtrare il tutto tramite la sensibilità di ciascuno di noi. Inoltre, ci siamo divertiti a sconfinare e a sperimentare con thrash e progressive, fino ad impiegare il cosiddetto growl in alcuni brani. A proposito, l’esecutore delle parti in growl è il nostro batterista Luca... io proprio non mi cimento in tal senso! [ride] Credo fermamente che gli Highlord, pur non avendo inventato un nuovo genere (... ce n’è proprio bisogno?!) siano riusciti a creare un loro trademark; un suono riconoscibile tra quello di altre band...

State promuovendo l’album sui palchi della Penisola e lo scorso luglio avete suonato al prestigioso Rock In Somma, giusto?
Giusto! Abbiamo avuto l’onore di essere gli headliner del Rock In Somma 2016 (a Somma Lombardo, Varese), fantastico! Riguardo alle date, stiamo girando in promozione e man mano aggiorniamo il calendario sul nostro sito (www.highlordofficial.com) In tutti i casi, il nostro intento è quello di suonare il più possibile!

Come giudicate l’attuale scena musicale nazionale? Vi scontrate con le problematiche tipiche del on-the-road, oppure tutto fila liscio?
Rispetto a quando eravamo agli esordi, la scena si è evoluta e l’Italia, allora considerata un Paese di serie B riguardo al metal, oggi vanta diverse band estremamente valide, alcune delle quali sono riuscite ad ottenere visibilità e considerazione nel panorama musicale generale. Alcune vivono la paradossale situazione di essere più apprezzate all’estero ma – si sa – nemo profeta in patria! Per quanto riguarda la scena underground nazionale, purtroppo, la situazione non è altrettanto positiva. Per la band che non ha raggiunto lo status di “grande”, valgono i soliti problemi: scarsità dei locali in cui esibirsi, promoter e/o organizzatori improvvisati, richiesta di denaro alla band per suonare, pubblico latitante, oltre che un’odiosa tendenza alla “guerra tra poveri”... quando invece le band dovrebbero capire che l’unione fa la forza! Credo che questo stato delle cose rifletta la situazione del Paese su altri versanti ma, ti prego, non farmi diventare “politico”! [ride]

Internet vi ha danneggiato o vi ha dato una mano come band?
Se parliamo del fatto che un paio di giorni dopo l’uscita del nostro nuovo album, lo si poteva tranquillamente scaricare, non credo neppure di dover rispondere… Guardando la cosa a più ampio raggio, la possibilità di fornire comunicazioni e aggiornamenti della band, di dialogare con i fan e, perché no, di condividere momenti più leggeri ed allegri, è un vantaggio enorme ed aiuta ad avvicinare le persone, oltre che a stringere rapporti. Alcuni nostri fan che vivono in Paesi stranieri quando non in altri continenti, sono diventati dei veri amici! Le piattaforme tipo YouTube offrono una grande possibilità di autopromozione (a proposito, invito tutti a guardare il nostro nuovo video… “One World At A Time”!) ma, alla fine, bisogna essere realisti! Se il pubblico non compra i cd, non va ai concerti, non acquista il merchandising… beh, è un discorso antipatico, ma una band non si può sostentare soltanto con le pacche sulle spalle e gli attestati di stima...

Ultima domanda: c’è un musicista con il quale vi piacerebbe collaborare un giorno?

Anche in questo caso, ciascuno di noi è cresciuto con i propri idoli e ti darebbe la propria risposta. Per quanto mi riguarda, da grandissimo fan dei Savatage, ho avuto l’onore di aprire per i Circle II Circe di Zak Stevens, ed è stato un momento grandioso! Direi però che se un giorno il “Mountain King” in persona – Jon Oliva – mi offrisse l’opportunità di collaborare con lui, sarei l’uomo più felice della Terra!


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