JIMMY EARL Renewing Disguises

di Fausto Forti
11 settembre 2016

intervista

JIMMY EARL
Renewing Disguises
Per chi già conosce e apprezza Jimmy Earl sarà un piacere ascoltare il suo nuovo album che ha titolato Renewing Disguises... Per chi invece, non ha mai ascoltato la sua musica con la dovuta attenzione, sarà l’occasione per entrare in punta di piedi in un mondo, quello della jazz/fusion, vestito dei suoi abiti migliori...

Renewing Disguises è la nuova release discografica del pluridecorato bassista Jimmy Earl: 10 strumentali che spaziano dal classicismo d’avanguardia di Sergei Prokofiev (vedi il brano Night, magistralmente remixato dallo stesso Earl) a George Gershwin (Gone, tratto da Porgy And Bess e riproposto con lo storico arrangiamento congegnato da Gil Evans per Miles Davis); dalla celebre Cavatina del compositore Stanley Meyers (... tema musicale del film Il Cacciatore) all’esplicito omaggio di Weather Reporting al gruppo antesignano del jazz elettrico che fu di Jaco Pastorius (personaggio tra le maggiori influenze di Earl) e Joe Zawinul. Sino ad Africano Cento Cinquanta (il titolo si riferisce alla velocità di 150 bpm del brano ), per approdare alle atmosfere calde e avvolgenti di ...

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Ambient e Old Jazz e all’eleganza discreta della title track (composta da David Shire e tratta dalla colonna sonora del film The Taking Of Pelham 123 – anno 1974).

Doveroso menzionare i musicisti che hanno affiancato Jimmy Earl in tale opera: Tim Hagans (tromba), Steve Travaglione (sax), Scott Kinsey (tastiere e coproduttore del disco) e Gary Novak (batteria).

Lo schizzo della copertina è una deliziosa caricatura dello stesso Earl, opera del disegnatore/grafico Dicky Barret, realizzata sul set del programma televisivo Jimmy Kimmel Live!, con lo stesso bassista statunitense membro della house band Cleto & The Cletones.

Quando è come è nato il progetto Renewing Disguises?
L’idea risale a parecchio tempo fa. Avevo degli abbozzi di brani che aspettavano di essere perfezionati da almeno 10 anni e, inoltre, conservavo un paio di interessanti remix che volevo utilizzare. Riguardo al titolo, ho scelto Renewing Disguises perché suona molto cool e perché l’omonimo brano, tratto dalla colonna sonora del film The Taking Of Pelham (1974) mi piace molto pur se, onestamente, non conosco tutto del suo autore, David Shire.

Entriamo nel dettaglio. Il brano Africano Cento Cinquanta suona decisamente italiano...
In inglese si traduce African 150, il numero dei bpm del brano. Per molti anni è stato un titolo provvisorio e così ho pensato di usare la sua traduzione in italiano. Mi piace la strumentazione che ha richiesto la sua registrazione: un vibrafono doppiato dal theremin e una tromba sordinata. (Il theremin è uno strumento particolare, usato per creare effetti sonori sinistri e spettrali, soprattutto nei film degli anni ’50 e ’60). Ho ascoltato per la prima volta questa combinazione nella soap opera americana, di ambientazione gotica, titolata Dark Shadows e ne sono rimasto colpito. Ho usato l’aggettivo Africano, anche se il brano è più jazz /funk, per via del suono della kora. (Della famiglia delle arpe a ponte, la kora è considerata un’arpa/liuto. E’ uno strumento tradizionale dell’etnia Mandinka, diffusa in buona parte dell’Africa occidentale). L’album chiude con la sua reprise, che ha la stessa funzione della musica dei titoli di coda di un film: ho pensato rendesse l’album più completo. Nella reprise ho suonato con il Fender Jazz Bass bianco, del 1966 col manico in acero.

Parliamo di Old Jazz e Ambient?
Old Jazz è uno di quegli abbozzi, a cui giravo intorno da temp . Ha una linea di basso decisa, un groove molto corposo [fat] che non ha bisogno della melodia dell’accompagnamento. A mio avviso, questo groove dice già tutto. A metà, il brano cambia il tempo bruscamente e si rivelano ottimi gli interventi di Gary Novak e Lenny Castro. In più, vi è un incredibile assolo del piano Fender di Scott Kinsey. Ho utilizzato un Fender Jazz Bass nero del 1972 col manico in acero e un Precision del 1963 Sunburst con tastiera in palissandro. Ambient, invece è un brano breve, quasi un interludio, inserito per rompere un po’ la sequenza della scaletta. L’ho definito “riposo per le orecchie”... dopotutto, sono un fan di Brian Eno e della sua musica ambient!

Weather Reporting è un omaggio al famoso combo di jazz elettrico. Che influenza hanno avuto su di te i Weather e, in particolare, Jaco Pastorius?
Jaco e i WR sono tra le mie maggiori influenze musicali, da sempre. Ho sentito Jaco suonare la prima volta in un piccolo club di Boston nel 1975, con Pat Metheny e Bob Moses. Suonavano brani dell’album di Pat (Bright Life Size) ed erano fantastici. Il giorno dopo mi sono procurato un manico fretless che ho immediatamente montato sul mio Fender Precision Bass. Ho anche preso un paio di lezioni da Jaco, quando era passato in città con i WR: i suoi insegnamenti sono stati preziosi. Weather Reporting possiede un feeling che richiama un po’ l’album Tale Spinning e anche qui ho usato vibrafono e theremin. Steve Tavaglione ha suonato un magnifico assolo col suo sax tenore, mentre Gary Novak e Lenny Castro hanno dato prova del loro talento alla batteria e percussioni. Una cosa interessante riguardo al feeling di questo brano, e dell’intero album, è che nessuno di noi ha suonato assieme agli altri, nella stessa stanza: è tutto frutto di merge, overdubbing e mixing. Eppure, ascoltandolo, ti dà l’impressione di un suono live in studio. Questo brano l’ho registrato col mio Warwick Stage Two Streamer a 4 corde.

Sull’album appaiono Night, del compositore classico Sergei Prokofiev, più Gone di George Gershwin, tratto dall’opera Porgy & Bess, nell’arrangiamento che Gil Evans ideò per Miles Davis... Come mai li hai scelti?
Entrambi sono dei remix. Night è il terzo movimento della Suite Scita. [Originariamente Prokofiev scrisse le musiche per il balletto Ala e Lolli commissionategli da Sergei Diaghilev, la cui storia si svolgeva presso il popolo degli Sciti. Questi però lo boccia ancor prima del suo completamento, così il compositore rielabora le musiche creando una suite da concerto]. L’intervento dei flauti è l’unica cosa rimasta della stesura originale, il resto è una serie di idee mescolate assieme affinché farle funzionare nel modo migliore. Inoltre, l’intervento di drum’n bass ha funzionato a meraviglia nel passaggio originale di Prokofiev grazie all’evidente contrasto con la sua atmosfera scarna e quasi minimale. Sono un fan del drum’ n bass da quando me lo fece conoscere Pino Daniele in tour, nel 1996 . Tornando al brano, il contrabbasso è stato l’ultimo ad essere registrato: si tratta del mio Roggeri style (una copia cinese), doppiato nel finale dal mio Warwick Dolphin fretless. Riguardo al brano Gone è nato come remix. Completata la prima stesura del brano, la inviai al management di Miles Davis che acconsentì al suo utilizzo (... salvo il fatto che poi, un parente, si mostrò deciso a porne il veto). Per il rispetto nei miei confronti, mi venne quindi data una copia dell’arrangiamento per big band di Ken Shaphorst, capo del dipartimento di jazz del New England Conservatory, che ho rielaborato. E’ stato Scott Kinsey a suggerire di chiamare Tim Hagans alla tromba. E’ andata così bene che poi gli abbiamo chiesto di suonare in altre tracce dell’album. Col senno del poi, è stata una fortuna rielaborare l’arrangiamento originale perché il risultato è stato superiore alle nostre aspettative...

Cavatina è un episodio per chitarra classica del compositore Stanley Meyers. Ce ne parli?
Cavatina è il tema musicale del film Il Cacciatore del 1978. La melodia è semplicemente meravigliosa, perfetta per essere suonata col basso. Ho preso la registrazione originale e l’ho mappata, ricreando l’accompagnamento con sintetizzatori e una serie di pad. Alla fine ho deciso di chiamare Mike Miller per suonare la parte di chitarra classica, invece di usare i synth. Se ascolti con attenzione il brano, noterai che sono avvertibili solo in sottofondo.

La copertina di Renewing Disguises è una tua caricatura realizzata da Dicky Barrett sul set della trasmissione televisiva Jimmy Kimmel Live. Perché l’hai scelta? Inoltre, cosa ci dici della Cleto & The Cletones, house band di quel programma?
Dicky disegnò questa mia caricatura una sera, nello studio televisivo in cui registravamo il Jimmy Kimmel Live. Credo gli siano bastati 15 minuti: è un mago con la matita. E’ un tipo divertente e credo sappia cogliere bene i miei tratti: dunque, ho ritenuto che questo suo disegno funzionasse bene come sorta di logo e copertina del mio album. Curiosità: anche Brian Philbrook, che ha creato l’artwork dell’album, ha lavorato allo show per diversi anni, occupandosi del cosiddetto gobbo. I Cleto & The Cletones sono la house band da ormai 11 anni e confesso che se non fossimo musicisti molto… versatili... (utilizziamo questo temine...) avremmo, e avremmo avuto, grossi problemi. Non esiste un tracciato generale del programma e solitamente si va a braccio: sino a pochi minuti prima non sappiamo cosa dovremo suonare, quale artista dovremo accompagnare. Insomma, se non sei preparato e non hai una mente così speedy... sei fritto! [ride] Per finire, il tempo della messa in onda è molto breve perciò è fondamentale farsi trovare sempre pronti e coesi.

Parliamo della tua strumentazione?
Per registrare questo album ho utilizzato dei bassi Fender e, soprattutto, Warwick. Un Warwick Streamer Stage II a 4 corde e un Warwick Dolphin fretless, sempre a 4 corde. Suono spesso con i tradizionali bassi a 4 corde, ma quando mi occorre un 5 corde, imbraccio il mio nuovo Warwick Streamer LX Signature che adoro... Sui miei bassi monto corde Dean Markley SR2000 ML e la cosa che amo di più è che durano una vita! Come ampli uso Gallien Krueger 800RB: ottimi per il mio sound...

Hai accennato al tuo Warwick Signature a 5 corde, ce lo descrivi?
E’ l’ultimo nato in casa Warwick e si chiama Jimmy Earl Signature Streamer. Ha 5 corde, body in frassino, manico in acero, pickup EMG e scala 34”. Oltre ai segnatasti a led rossi sul bordo superiore della tastiera! E’ un 5 corde leggero, in grado di sprigionare un suono pieno e possente. Oggi è il mio basso favorito.

E’ vero che hai iniziato con la chitarra classica a 10 anni passando al basso in tempi successivi?
Ho imbracciato per la prima volta un basso quando un mio amico mi chiese di unirmi alla sua band come bassista. Aveva un basso Mosrite e me lo passò. Mi piacque subito come strumento, mi piacque il tipo di sound e... e non l'ho abbandonato più. Amavo il suono e il ruolo del basso in brani epici come In A Gadda Da Vida degli Iron Butterfly o dei classici della Motown. Quando mi spostai in California, l’anno successivo, girando tra i banchetti di un mercatino adocchiai un vecchio basso Ibanez: costava 15 dollari e lo comprai. Tornato a casa lo imbracciai subito e da lì in avanti cercai di accompagnare a orecchio song di gruppi come Grand Funk Railroad, The Who, Black Sabbath, Rare Earth e Blood Sweat & Tears. Più tardi, ai tempi del liceo, mi procurai un lavoro come imbianchino e riuscii a mettere da parte i soldi necessari per l’acquisto del primo Fender, un Precision bianco del 1973. Ero felice.

Che ricordi hai del 3-Bassists Tour of Brazil: tu, Stanley Clarke e Larry Graham?
Subito dopo essermi trasferito a New York, nel 1986, mi arrivò un buon ingaggio tramite la Jazz Explosion: quattro artisti jazz che si esibivano accompagnati da un combo composto da tastiere, basso e batteria. Fu così che suonai il basso con Freddie Hubbard, Stanley Turrentine, Ramsey Lewis, Angela Bofil, Gato Barbieri, Lonnie Liston Smith e... Stanley Clarke! All’inizio Stanley si esibiva come solista, poi volle essere accompagnato da noi. La cosa funzionò così bene che ci volle in tour. Girammo l’Europa e gli USA per approdare in Brasile in trio, con Larry Graham. Un tour incredibile. Suonammo brani di Larry e alcuni di Sly & The Family Stone. Ricordo ancora oggi quel pubblico entusiasta e calorosissimo. Una bellissima esperienza.

Nel 1993 eri entrato nella Elektric Band di Chick Corea sostituendo John Pattitucci... Come era andata?
Suonare con Chick fu un’autentica sfida, la più ardua nella mia carriera. Quando mi unii per la prima volta alla sua Elektric Band ne facevano parte Chick, Dave Weckl alla batteria, Frank Gambale alla chitarra e Eric Marienthal al sax. John Pattitucci era impegnato nel tour promozionale del suo nuovo album di allora e dunque impossibilitato a prender parte al tour europeo della band. Fu lui a raccomandarmi e una sera Chick e Dave vennero a vedermi al Baked Potato di Los Angeles. Evidentemente ciò che videro piacque loro perché venni preso: una settimana di prove e via in tour. Suonare con loro fu una vera sfida perché gli interventi solisti erano parte integrante dello show generale, ma pian piano mi amalgamai alla band. Gli show duravano due ore e il tour più di due mesi: con un solo show per città... il che significava continui spostamenti e poco tempo per provare. Alla fine ero esausto ma pronto a superare qualsiasi prova! L’anno successivo Chick riformò la Elektric Band chiamando però musicisti diversi. Alla batteria c’era Gary Novak e, superato il periodo di rodaggio, mi invitò ad unirmi nuovamente al combo: provammo per circa una settimana, poi entrammo in studio per registrare Paint The World. Dei tour con Chick non scorderò mai la pressione a cui eravamo sottoposti: ogni show doveva essere il migliore possibile e ogni volta, alla fine, mi ritrovavo in un bagno di sudore. In ogni caso, fu una esperienza straordinaria.

Prima hai accennato al nostro Pino Daniele...
Ai tempi del primo tour europeo della Elektrci Band, era il 1993, Pino Daniele si esibì con noi per un paio di date. Più tardi ci invitò – il sottoscritto, Chick e Dave [Weckl] – a partecipare a un concerto di beneficenza che si teneva a Roma. C’erano oltre 100mila persone e fu eccezionale. Qualche tempo dopo chiamò me e Chick per le registrazioni del suo disco Che Dio Ti Benedica. Fu il primo di 5 album che registrai con lui... senza contare i tour. Fu uno dei periodi più belli della mia vita. Suonare con un artista italiano così talentuoso è un’opportunità che non molti possono permettersi...

Jimmy Earl, in breve


Jimmy Earl, bassista/compositore americano, nasce a Boston (Massachusetts) nel 1957.

Secondo di quattro figli, poco dopo la sua nascita la famiglia trasloca a St. Paul e poi a Hyattsville dove Jimmy frequenta il liceo. Nel frattempo inizia a prendere lezioni di chitarra classica, soppiantata poi dal basso.

Il primo basso lo adocchia nel 1972 in un mercatino di Pasadena (California) e lo acquista per soli 15 dollari. L’anno seguente forma la prima band, i Cosmic Rainbows, per poi iscriversi al Berklee College Of Music di Boston.

Studia con Charlie Benacos (1946-2009, pianista/compositore americano) e nel 1985 si unisce alla band del batterista jazz Bob Moses. Infine, nel 1986, entra in studio con David Gilden prendendo parte al suo album dal titolo Ancestral Voices.

Le cose iniziano a girare per il verso giusto. Lo stesso anno Jimmy si trasferisce a New York dove, grazie alla segnalazione dell’amico Steve Hunt, entra a far parte della Jazz Explosion (sorta di agenzia per nuovi talenti in campo musicale) riuscendo a suonare, tra gli altri, con artisti del calibro di Gato Barbieri, Tom Browne, George Duke e Freddie Hubbard.

Conosce Stanley Clarke, suo mentore, partecipando allo storico “three bassist tour of Brazil” un lineup di assoluto valore formato da Clarke, Earl e Larry Graham.

Tornato a New York, si esibisce al Blue Note dove incontra Joe Sample che lo invita ad unirsi ai Crusaders (ulteriore band istituzione del jazz di quegli anni). Con loro, nel biennio 1986/87 gira gli USA, il Giappone e l’Europa. Un’esperienza che si rivelerà preziosa per lo stesso Earl.

Suona di nuovo con Stanley Clarke (compare nel famoso album If This bass Could Only Talk, 1988, e in East River Drive, 1993), con il Mark Varney Project: per l’album Truth In Shredding (in cui compaiono anche Allan Holdsworth e Frank Gambale) e in Centrifugal Funk (in cui veste i panni di produttore e arrangiatore).

Nel 1993 sostituisce John Pattitucci nella Elektric Band di Chick Corea. Sempre in quell’anno si esibisce a Roma con Pino Daniele che lo inviterà, insieme a Corea, a prendere parte al suo album di allora, Che Dio Ti Benedica. E’ il primo di 5 al fianco del musicista partenopeo.

Arriva un periodo di lavoro frenetico, per Earl. Incide l’album da solista Jimmy Earl (1995), seguito qualche anno più tardi dal delizioso Stratosphere (1999). E’ membro della band di Robben Ford, al posto di Roscoe Beck (Supernatural, 1999, Keep On Running, 2003, Truth, 2007) e firma con il suo inconfondibile basso una dozzina di altre collaborazioni.

Nel 2002, arriva l’invito a unirsi ai Cleto & The Cletones, house band della trasmissione Jimmy Kimmel Live! della ABC. Una vetrina di gran pregio, essendo 1800 le puntate! Un record.
Visto però che non ama stare fermo, nei weekend Earl imbraccia il basso al Potato Club di Studio City dove suona spesso con Simon Phillips, Dean Brown, Steve Weingart e Steve Travaglione. E siamo all’oggi...

Curiosità
Nel 1990 Jimmy Earl instaura un rapporto professionale con la compagnia tedesca Warwick, la quale - nel 1993 - realizza il Jimmy Earl Signature Streamer Stage II a 5 corde. Nel corso del Namm Show del 2012 Warwick presenta un ulteriore Jimmy Earl Signature Bass, a riprova del fecondo sodalizio che continua ancora oggi. Quello che ha i segnatasti a led rossi sul bordo superiore...

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