PINO DANIELE

di Paolo Battigelli
24 giugno 2016

intervista

PINO DANIELE
Una voce, una chitarra, il suo blues. Più, tutti gli accenti di rock, soul, suoni arabi, radici napoletane e taramblù. Il nero a metà, l’americano della nuova Napoli che sognava di veder passare la nuttata... Il mascalzone latino, il Lazzaro felice, il musicante on the road. Tutto questo e molto di più sono l’eredità lasciata ai posteri da Pino Daniele!

Se n’è andato improvvisamente uno degli artisti più amati della musica italiana, da 40 anni autore di canzoni indimenticabili. Colpito da un infarto a 59 anni nella sua casa in Maremma, Pino Daniele non ce l’ha fatta a resistere a quella patologia cardiaca che in 30 anni lo aveva costretto a diversi interventi al cuore e ad un quadruplo bypass di supporto. Una cardiopatia famigliare, la sua, che però non gli ha impedito di concedersi totalmente alla sua grande passione, la musica.

La sua voce ha toccato l’anima di tutta l’Italia (e non solo) guadagnandosi stima e affetto trasversali, senza distinzione di dialetto né ceto sociale. Un talento immenso, quello di Pino Daniele, che insieme a un carattere schivo e riservato e una dialettica essenziale ha saputo trasmettere un mondo intero di emozioni e sentimenti profondi, con...

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poche parole, pronunciate il più delle volte con delicatezza, quasi con pudore.

Proprio così ha conquistato il cuore di chi la musica la ascolta e la fa, dallo scugnizzo di Napoli all’artista impegnato. Riuscire ad arrivare dritti al cuore della gente è un dono prezioso, che Madre Natura dispensa con parsimonia, e Pino è stato uno dei privilegiati.

La sua musica è una finestra aperta sul mondo: il blues, il suo primo e più grande amore, insieme a spruzzi dal sapore sudamericano, un pizzico di jazz e contaminazioni mediterranee. Elementi con cui riusciva ad impreziosire una ricetta già deliziosamente fascinosa, aggiungendo l’abilità nel riuscire a creare una melodia su cui innestare versi indimenticabili.

Ma Pino Daniele è stato soprattutto un musicista. Meglio, un chitarrista. Non a caso diceva spesso di cantare per avere l'opportunità di suonare. Suonare la chitarra. Suonare il blues, anche quello dai risvolti rock. Il madrigale, la ballata d’amore, l’omaggio alla tradizione mediterranea e gli arabeschi fusion, ogni volta lasciando il segno.

Di lui rimangono la musica, un’eredità forse ingombrante ma certo ricchissima, e l’immagine di bella persona, sempre pronta al gesto affettuoso, alla battuta salace. Mancherà a tutti gli italiani la sua bonarietà, il sorriso aperto, l’allegria malinconica di un autentico poeta. Irrimediabilmente.
Abbiamo appena appreso che il nostro amico Pino Daniele ci ha lasciati ieri, 4 gennaio, stroncato da un infarto. Le nostre condoglianze alla moglie e i cinque figli. Aveva 59 anni, sentiremo sempre la tua mancanza, Pino... - Eric Clapton
È una notizia bruttissima per tutta la musica Italiana: il lavoro di Pino ci mancherà molto, ma le sue canzoni continueranno ad accompagnarci giorno per giorno. Io lo ricorderò sempre come un amico mai frequentato abbastanza, come un artista geniale e rigoroso, come un uomo sempre generoso e innamorato degli altri, della musica e della vita... - Francesco De Gregori

step by step


Giuseppe "Pino" Daniele è una degli artisti di spicco della musica italiana sin dagli anni Ottanta.
Nasce a Napoli il 19 marzo 1955, nel basso di un vicolo accanto al monastero di Santa Chiara, dove cresce con i genitori e cinque fratelli più piccoli.

Consegue il diploma di ragioniera, poi segue l’iscrizione svogliata all’Orientale. Subito dopo i 18 anni, le prime canzoni; a cominciare da Napule è, quella che resterà una delle più belle, omaggio a Napoli, la sua città natale.

Pino è attivo come chitarrista già nei primi Settanta con la band di jazz rock Batracomiomachia, debuttando "in proprio" nel 1976 con il singolo Che Calore, destinato però a passare inosservato.
Nel 1977, dopo aver suonato il basso nei Napoli Centrale, realizza l’album Terra Mia (1977) il quale, pur rimanendo inevitabilmente ancorato alle salde tradizioni popolari della sua città e a schemi melodici prevedibili (la semplice ma trascinante ‘Na Tazzulella ‘e Cafè) fa intravedere quello stile policromo e assolutamente originale destinato a trovare sfogo di lì a breve.

Cosa che infatti accade sui solchi del successivo Pino Daniele (1979) che contiene una delle sue ballad più note (Je So’ Pazzo) e che giunge al suo naturale compimento con Nero a Metà (1980), primo vero album di successo (come raccontano brani come A Me Piace O’ Blues, I Say I Sto Cca, oltre a Quanno Chiove, dolce poesia del quotidiano, nonché indimenticabile canzone d’amore).

L’accoppiata Nero a Metà e Vai Mo’ (1981) - con il brano Yes I Know My Way - è di quelle che lasciano il segno: due album ancora oggi considerati lavori imprescindibili della caratura artistica di Pino Daniele.

Qui inizia ad approfondire i suoi studi, perlopiù incentrati sulla chitarra: non studi accademici, ma improntati sulla naturalezza e il genuino entusiasmo per un mondo, quello musicale, che intende conoscere nelle sue pieghe più nascoste, alla continua ricerca di un linguaggio tramite cui mescolare tradizione mediterranea con echi americani, africani, arabi e caraibici. Insomma, una contaminazione globale: in questo - siamo all’alba degli anni Ottanta - un vero precursore.

Chitarrista autodidatta, caratterizza il suo stile con la fusione fra blues e melodia napoletana, sino a creare un genere nuovo che qualcuno chiama world music, ma che Pino ribattezza “taramblu”, ovvero tarantella, rumba e blues. Un mix che ottiene subito un clamoroso riscontro di critica e pubblico: sia per gli alti standard compositivi dello stesso Pino, sia per i raffinati interventi affidati, di volta in volta, a musicisti di gran classe come James Senese, Rino Zurzolo, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Joe Amoruso e tanti altri. L’elemento catalizzatore resta la personalità artistica di Pino, accentuata da quel suo bizzarro mix di italiano, napoletano, inglese e italo-americano di cui le liriche sono infarcite.

Dal 1982 i progetti si fanno via via più complessi e ambiziosi: dall’ingaggio di celebri musicisti d'oltreoceano (Wayne Shorter, NanaVasconcelos, Don Cherry, Bob Berg, Steve Gadd) alla creazione dell’etichetta Bagaria, inaugurata con l’uscita dell’album Bella ‘Mbriana (1982). Dalla produzione per Richie Havens agli arrangiamenti per Tullio De Piscopo, ai fortunati concerti europei. Piu' l’esibizione milanese del 1984 insieme a Carlos Santana e Bob Dylan (... non esattamente la prima esperienza in grandissimo stile visto che nel 1980 Pino aveva aperto il concerto di Bob Marley a SanSiro davanti a 80mila persone). D’ora in avanti la sua carriera non conoscerà soste o momenti di stanca, come attestano Musicante (1984) e, soprattutto, il doppio celebrativo Live - Sciò (1984), un’autentica consacrazione.

Non meno frenetici sono gli anni successivi, sempre in equilibrio tra feeling e tecnica affinata nel corso del tempo e che ora fa di Pino uno dei più raffinati chitarristi italiani. Ferryboat (1985), con Gato Barbieri e Steve Gadd, e Bonne Soiree (1987) mostrano tutta l'identità di Pino, mentre nel 1988 tocca a Schizzechea With Love mantenere le posizioni conquistate (il brano omonimo vincerà l’anno seguente la Targa Tenco come miglior canzone dialettale), pur dirigendosi verso lidi meno sperimentali.

Gli anni Ottanta proseguono sulle note di Le Vie Del Signore Sono Finite (1987) e i Novanta si aprono su quelle di Pensavo Fosse Amore Invece Era un Calesse (1991): colonne sonore che segnano l’inizio di una proficua collaborazione artistica - e di una grande amicizia - con Massimo Troisi (con il quale firmerà il brano T’Aggia Vedè Morta, 1993).

Intanto nel 1989 esce l’album Mascalzone Latino, con la struggente Anna Verrà dedicata all’attrice Anna Magnani. Ma per Pino iniziano i problemi di salute legati al suo cuore. Di quell’anno è la prima operazione chirurgica che lo obbliga a una forzata assenza dalle scene che durerà parecchi mesi.

I fan attendono il suo ritorno con trepidazione poi, finalmente, nel 1991 arriva nei negozi Un uomo In Blues (1991), che contiene il successo ‘O Scarrafone , riaprendo la strada della contaminazione musicale... che proseguirà sui solchi di Sotto ‘o Sole (1992) e Che Dio Ti Benedica (1993).

Nel frattempo, Pino Daniele ha (ri)conquistato il titolo di indiscusso protagonista della musica italiana, tra i pochissimi artisti in grado di conciliare passione per le radici autoctone e attrazione verso quelle estere, immediatezza e virtuosismo, rigore e ironia.

Gli anni Novanta continuano a vedere Pino Daniele sotto i riflettori grazie al successo di album come Non Calpestare i Fiori nel Deserto (1995), Dimmi Cosa Succede Sulla Terra (1997) e Come Un Gelato all’Equatore (1999), mentre gli anni Duemila scorrono tra alti e bassi.

L’album Medina (2001), lavoro assai interessante realizzato cercando di sposare sonorità mediterranee e medio-orientali, non riscuote il successo sperato, e così Pino si imbarca in lunghi tour di cui forse il più famoso è quello del 2002 insieme a Fiorella Mannoia, Ron e Francesco De Gregori.

L’ultimo lavoro di inediti si intitola La Grande Madre (2012), ascoltando il quale si è colti da un’improvvisa emozione. La dozzina di brani che lo compongono ci regala infatti un musicista nel pieno del suo vigore artistico, capace di instaurare con l’ascoltatore un legame profondo e speciale. Inciso per l’etichetta indipendente Blue Drag, l’album vede l'artista partenopeo in primo piano.
Quando la nostra rivista lo aveva intervistato, faticava a contenere il proprio entusiasmo. “Creare la mia etichetta è stata una necessità...” - ci disse - “volevo essere libero di spaziare in ambiti diversi, come la musica classica e da camera, realizzando dei lavori e senza doverli presentare a chi, magari, viene dal commerciale e dunque ne capisce poco o nulla. Questo è un disco ricco di idee e suoni e musicisti incredibili. Ora spendo di tasca mia, certo, ma posso non negarmi nulla! ”

Tra i brani di questo album, spicca una splendida rivisitazione di Wonderful Tonight di Eric Clapton: idea venuta a Pino subito dopo il concerto di Cava dei Tirreni del 2011 con lo stesso Clapton ospite d’onore.

Il 3 giugno 2014 esce Nero A Metà Special Extended Edition, la riedizione del suo storico terzo album. Vengono recuperati i nastri originali e rimasterizzati i 12 brani che costituivano l’album. Inoltre, da quelle stesse registrazioni del 1980, vengono tratti 2 preziosi brani inediti (Tira A Carretta e lo strumentale Hotel Regina) e 9 brani in versioni “alternative” e demo mai pubblicate prima.

Il 1 settembre 2014 Pino Daniele porta sul palco dell’Arena di Verona i brani dell’omonimo terzo album con l’evento titolato Nero A Metà, accompagnato dalla sua band originale del 1980, oltre che da 50 elementi dell’orchestra Roma Sinfonietta diretta dal M° Gianluca Podio e numerosi special guests. (Verrà realizzato Nero A Metà Special Extended Edition in doppio vinile da 180 grammi: una edizione limitata e numerata in 1.000 esemplari). Il tour continua nel dicembre 2014, mentre Rai 1 gli dedica lo speciale “Canzone”.

le chitarre di Pino Daniele degli ultimi anni


1997 – Avalon Paradis bianca
1997 – Fender Stratocaster
1989 – Eko acustica
2001 – Framework con corde in nylon
2002 – Fender Stratocaster
2004 – Giovanni Bettelli Guitar (classica con corde incrociate)
2006 – D’Aquisto New Yorker
2006 – Ovation Custom Legend 1769 ADII
2007 – PRS Singlecut Standard/PRS Hollowbody
2008 – Suhr - Custom Classic TS
2009 – Suhr - Pro Series S1 Olympic White
2010 – Suhr - Classic Seafoam Green
2012 – Suhr - Standard Bengala Burst
2012 – Larrivèe acustica

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