MARK TREMONTI Dust

di Maurizio De Paola
26 aprile 2019

intervista

MARK TREMONTI
DUST
L’iper-attivismo di Mark Tremonti ha del sorprendente. In un’epoca in cui i grandi del rock impegnano quattro o cinque anni a imbastire un nuovo disco e in cui le vendite dei supporti fisici sembrano segnare il passo, il chitarrista di Detroit pubblica Dust, terzo album da solista in quattro anni (con in mezzo anche l’ultimo degli Alter Bridge - Fortress, 2013)...

Dust è il nuovo lavoro di Mark Tremonti (Detroit, 18 aprile 1974), il continuum del discorso iniziato con i precedenti All I Was (2012) e Cauterize (2015), che ci restituisce un artista che spinge ancora di più sul pedale dell’heavy metal, arricchendolo di quelle citazioni soliste che ne fanno uno dei chitarristi metal più completi (nel senso dei riferimenti musicali) oggi in circolazione.

In questa frenesia compositiva, pare quasi di avvertire la paura di Tremonti di lasciare qualcosa di non detto, delle righe in sospeso in un discorso artistico fluido e coerente che però sa prendere al momento giusto diverse direzioni, dividendosi come una creatura multiforme, fatta di un’anima melodica e tradizionale (quella dei Creed e degli Alter Bridge) e di un’altra furiosamente heavy. Quest’ultima, estrinsecata al meglio...

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proprio nei suoi lavori solisti a cui partecipano oramai in pianta stabile Wolfgang Van Halen (basso), Eric Friedman (chitarra) e Garrte Wehitlock (batteria). Proprio quel che accade in Dust, uscito qualche giorno fa (29 aprile 2016) per Fret12 Records e prodotto dal leggendario Michael “Elvis” Baskette.

TREMONTI BAND lineup 2016
Mark Tremonti (guitar/vocal) – Wolfgang Van Halen (bass/backing vocal), Eric Friedman (guitar/backing vocal) – Garrett Whitlock (drum)


Dust è probabilmente il disco più heavy che tu abbia mai realizzato...
Non lo trovo più duro di All I Was o di Cauterize, ma i miei lavori solisti sono decisamente più heavy di quelli degli Alter Bridge… su questo sono d’accordo. Compongo song di continuo e talvolta mi rendo conto che sono troppo metal per poter essere inserite nel repertorio degli Alter Bridge. Così le tengo per me. In fondo, il progetto della Tremonti band nasce proprio da questo.

I brani sembrano essere anche più pessimisti di quelli dei due album precedenti...
Molti parlano di situazioni di difficoltà, anche se non siamo un gruppo di gente pessimista per natura. Io non sono così oscuro come carattere; al contrario, mi piace essere positivo nelle mie cose e nei miei obiettivi. Del resto, sento parlare di crisi da quando sono nato e così non mi fanno certo paura gli hard times di cui si parla oggi. I tempi duri ci sono sempre stati e non ho mai visto un mondo che non fosse in perenne bilico sull'orlo del baratro. Quello che conta è la voglia di risolvere i problemi e cercare di rendere il mondo migliore.

Traghettiamoci nella scaletta dei 10 brani del disco partendo dalla fine. Unable To See è una ballad molto passionale che contrasta alquanto con i ritmi forti e heavy del resto dell’album...
Unable To See è l’unico brano non recente di questo disco. Era stato scritto per gli Alter Bridge ma, per un motivo o per l’altro, non aveva mai trovato spazio sugli album, neanche come bonus track. Peccato, perché penso che sia molto più adatto alla voce di Myles [Kennedy] che alla mia.

La titletrack è un rock epico molto intenso, quasi sofferto. Quanto di personale c’è in ogni brano?
Ogni disco, ogni brano, è un viaggio personale alla scoperta di se stessi. Non c’è mai un brano che lo completa, né uno che lo inizia. Sono tutte parti di un unico quadro, senza inizio e senza fine. Le varie tracce non sono state scritte tutte nello stesso periodo, pertanto non rappresentano né un concept, né sono legate tra loro: tuttavia, tutte sono frutto di quello che ho dentro e che riesco a mettere sul pentagramma.

I primi due brani del disco, ovvero My Last Mistake e The Cage sono di impronta ultra-metal. Il tuo sogno sarebbe davvero quello di suonare nei Metallica?
Beh... mettiamola così: attualmente non credo che abbiano bisogno di un chitarrista ma, nel caso, mi faccio trovare pronto! [ride] Scherzi a parte, si tratta dei primi due brani composti per questo disco e vibrano di una grande energia. Cerco di non pensare a un certo genere quando scrivo, né di farmi intrappolare nei cliché, ma la mia formazione musicale e i miei sentimenti, cerco di esprimerli al meglio...

Il tuo suono in Dust è molto potente e crudo. Non sei un grande fan degli effetti, vero?
Assolutamente vero. A parte un leggero delay e l’utilizzo del mio Morley Power Wah Signature, non mi piace che il sound della mia chitarra risulti eccessivamente effettato. Negli Alter Bridge è Myles ad occuparsi delle atmosfere, mentre io sul palco mi collego all’ampli e cerco di ottenere il suono più secco e potente possibile. In studio, però, soprattutto negli assoli, ricorro a diversi tipi di boost a seconda delle dinamiche. In tutti i casi, lascio che siano gli ampli a fare il grosso del lavoro alternando soprattutto MesaBoogie e Van Weelden, secondo ciò che il brano richiede: rispettivamente, suoni compressi o taglienti.

Hai dichiarato di sentirti molto più songwriter che chitarrista. Da cosa nasce questa tua considerazione?
In genere rispondo in questo modo a chi mi considera un guitar-hero. Certo, fa piacere sentirselo dire, ma per me la parte più coinvolgente della musica non è l’esecuzione ma la creazione. Il songwriting è il momento che preferisco, perché è l'istante in cui stai dando alla luce qualcosa di veramente tuo, di unico. Nel corso della mia carriera, ho lavorato durissimo e mi sono esercitato per molte ore, ogni giorno, per migliorare la mia tecnica, ma ancora oggi, niente mi dà di più di quel momento in cui mi ritrovo da solo con la chitarra in mano mentre dal mio animo sgorga una nuova canzone. La tecnica ha a che fare con le rifiniture, non con il cuore della canzone stessa. Suonare sul palco è stupendo, ma è solo un fatto di bravura e preparazione; non è lo stesso tipo di emozione che scrivere una canzone, vederla nascere. Lì è un fatto di anima, di quello che hai dentro, non di ciò che hai fuori...

Quindi, tornando alla Tremonti band, componi i brani da solo, oppure condividi questa fase con gli altri musicisti della band?
Faccio tutto da solo, almeno riguardo alla struttura di base, all'intelaiatura dei brani, poi sviluppiamo gli arrangiamenti insieme. Se un brano mi è venuto in una certa maniera perché rappresenta qualcosa per me, non ha senso stravolgerlo e farlo diventare un altro. Riguardo a Dust, ho discusso molto dei brani con Wolfgang [Van Halen, figlio di Eddie e bassista della band] che è un ottimo arrangiatore e trova sempre la soluzione giusta al momento giusto, ma direi una bugia se dicessi che i brani del disco sono il frutto di un lavoro collettivo.

Sei il lead vocalist della Tremonti band ed il lead guitarist: quanto sforzo e quanto lavoro comporta questo doppio ruolo?
Cantare è una cosa che adoro fare, ma riconosco che comporta dei sacrifici e uno studio preciso. Non puoi fumare né bere e devi mantenerti rilassato, altrimenti la tua voce ne soffre immediatamente. Le prime volte che mi sono trovato davanti al pubblico nel ruolo di lead vocalist, la difficoltà maggiore è stata pensare a quello che dovevo dire tra un brano e l'altro! Può sembrare un dettaglio, ma è questo che fa la differenza tra un ottimo cantante e un vero entertainer. Io non sono un entertainer e non lo sono mai stato, però cerco di migliorarmi nello studio della voce, in modo da dare al pubblico qualcosa di valido da ascoltare, anche se in mezzo – durante le pause – non so cosa metterci! E ti assicuro che quando sei sul palco, pochi secondi di silenzio ti sembrano un’enormità... In tutti i casi, non ho mai avuto dubbi sul fatto che quei brani dovessi cantarli io. Una delle cose più frustranti per un chitarrista è sapere che raramente il pubblico pensa che i testi li ha scritti lui: nel 90% dei casi, infatti, crede che siano opera del cantante, ma spesso non è così. In Dust ritengo di avere dato il meglio di me, anche perché le cose diventano sempre più perfette con l'esperienza e l’esercizio. E' un discorso che vale per tutti...

Negli Alter Bridge dividi quasi a metà le parti soliste con Myles Kennedy, mentre nei Tremonti fai tutto da solo. Avverti il peso di far convergere il giudizio sui dischi esclusivamente su di te?
In un certo senso, è una grande responsabilità. Se avessi chiamato il gruppo con un nome che non fosse il mio, molti avrebbero giudicato i nostri dischi come un lavoro di gruppo e di conseguenza avrei diviso con gli altri le responsabilità. Se sento la mancanza di Myles nei miei lavori solisti? Che dire... Myles è uno straordinario polistrumentista, un musicista talentuoso. Oltre alla chitarra, suona il basso e la batteria e canta, ma ha anche un'innata attitudine modesta: si autolimita, perché ha paura di invadere il mio territorio. Io, invece, penso che più elementi talentati ci sono in una band, e meglio è. Tra me e Myles ci sono molte differenze stilistiche e quindi intenderci e creare il giusto interplay, ci viene piuttosto facile... Io sono molto più metal, tra Metallica, Iron Maiden, Pantera e Megadeth, mentre lui ha un background piu' classico. A volte mi suona delle parti country che mi lasciano a bocca aperta... ma non riesco ad ascoltare i suoi musicisti jazz preferiti! Però i Tremonti hanno un’altra anima, vanno a coprire un altro spettro creativo, per cui il paragone non si può fare...

Qual è il futuro degli Alter Bridge, considerando tutti i tuoi impegni?
Stiamo per tornare, per cui smentisco seccamente tutte le voci che ho sentito ultimamente sul nostro presunto scioglimento. Sicuramente l’impegno per realizzare Dust mi ha tenuto un po’ lontano da loro, ma dopo Fortress (2013) non volevamo realizzare un disco qualsiasi tanto per essere presenti sulla scena. Abbiamo già valutato alcuni nuovi brani e alcuni li abbiamo scartati perché non sono esattamente una ‘bomba’ come dovranno invece essere tutti quelli che comporranno la tracklist. Sarà un album molto sperimentale, pieno di sorprese per tutti i nostri vecchi fan...

Riguardo invece ai Creed? Full Circle (2009) aveva segnato il ritorno sulla scena: ci sono progetti per una nuova avventura in tal senso?
Per i Creed, al momento, non ci sono molte possibilità. Non è un fatto di persone o di situazioni negative, ma ora sono troppo impegnato con altre cose e non ho energie sufficienti per affrontare un tour o un nuovo disco...

C’è qualcosa che non ritieni di suonare benissimo con la chitarra e che vorresti migliorare?
Oh... di sicuro! Spesso mi sento incompleto come chitarrista e faccio di ogni disco una sfida cercando di non ricorrere agli stessi lick, soprattutto negli assoli. Ho anche preso ad utilizzare accordature diverse allo scopo di conferire un sapore unico a un riff ed entrare in mondi diversi. Uno dei miei grandi obiettivi è suonare la chitarra elettrica pensandola come una acustica: ovvero, importare su di essa le tecniche del fingerstyle che ho studiato nel corso del tempo, senza rinunciare alla distorsione. In buona sostanza, trovare l'adeguato equilibrio tra arpeggi velocissimi e quel grado di saturazione che rende il tutto più heavy.

Prima abbiamo accennato ai Metallica… Al proposito, tempo fa hai dichiarato che i chitarristi che ti hanno influenzato su tutti, sono proprio James Hetfield e Kirk Hammett. Confermi?
Confermo. Quando mi chiedono delle mie influenze, penso a loro e non agli altri musicisti più tecnici che ho amato. L’influenza è qualcosa di diverso dall’ammirazione e stima: ammiro in modo sconfinato Eddie Van Halen e Jimmy Page, ma ad avermi influenzato, ovvero ad avermi spinto a suonare la chitarra e a darmi quella fiamma del songwriting, sono stati loro… senza alcun dubbio!

TREMONTI BAND lineup 2016
Mark Tremonti (guitar/vocal) – Wolfgang Van Halen (bass/backing vocal), Eric Friedman (guitar/backing vocal) – Garrett Whitlock (drum)
box
TREMONTI * Dust * Fret12 Records

Da un certo punto di vista, Mark Tremonti è un personaggio più anti-commerciale del panorama rock attuale. Con i suoi progetti da solista può dare sfogo alla sua vena più autenticamente metal, senza dove scendere a compromessi con management e band, e preoccuparsi della reazione del pubblico radiofonico. Dust lo conferma appieno: un album che è tutto tranne quello da ascoltare come piacevole sottofondo (!) in cui ogni brano della scaletta calamita l’attenzione con un forza interpretativa arrembante (10 brani in totale, per 43:24” di musica che lascia il segno…)

Grazie anche all’intervento di Wolfgang Van Halen al basso, Mark Tremonti alza il livello dei decibel e si lancia nel disco più heavy della sua carriera… come se i Metallica di Load avessero proseguito su quella strada e l’avessero ampliato alle suggestioni della canzone tradizionale americana.

My Last Mistake apre le danze con un riff con l’accordatura ribassata e deragliante, seguito da un The Cage che odora di Megadeth ma inframezzato da una parte centrale dapprima rallentata e poi lanciata da un assolo frenetico che ricorda a tratti Jason Becker. A questo punto, chi si aspetta un rallentamento di marcia, resterà deluso visto che il successivo Once Dead è un thrash-metal reso alienante da una melodia vocale liquida e post-grunge con cui Tremonti trasmette visioni di disagio psico/fisico.
Se le melodie riescono decisamente bene al chitarrista di Detroit in quanto a originalità ed efficacia, gli assoli tradiscono certa vocazione enciclopedica che prende un po’ da tutti (Eddie Van Halen e Dave Mustaine soprattutto) e solo di rado mette il tocco dell’unicità. E’ chiaro però che nei suoi dischi da solista Tremonti può permettersi esperimenti di tutti i tipi… anche quelli poco digeribili per gli Alter Bridge o Creed: vedi il tempo dispari del prog-metal di Betray Me (quinta traccia dell’album in questione) o il doom-sludge pesantissimo di Catching Fire.

Da mettere in rilievo la performance vocale di Tremonti: decisamente convincente, capace di reggere bene su un’altalena che va dalle asprezze thrash di Rising Storm agli afflati epici di Unable To See e della titletrack.

Mark Tremonti versione 2016 è il songwriting d’autore declinato al verbo del metal odierno; un connubio che sembra innaturale e che invece funziona benissimo, almeno nel suo caso. Anzi, forse solo nel suo caso...

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