PACO DE LUCIA nelle parole del figlio, Curro

di Francesco Sicheri
09 maggio 2024

intervista

Paco De Lucia
Paco De Lucia
Pepito y Paquito
Dieci dopo la scomparsa di Paco De Lucia, la raccolta “Pepito Y Paquito”riporta alla luce una raccolta di brani incisi quando i due avevano poco più di dieci anni.
Bulería Niño Ricardo e Me falta la Resistencia hanno anticipato Pepito y Paquito, la raccolta curata da BMG insieme alla Fondazione Paco de Lucia, che contiene le prime registrazioni risalenti a quando Paco ed il fratello Pepe artisti avevano rispettivamente 13 e 11 anni. Pepito y Paquito arriva nei negozi a maggio e contiene 21 brani inediti risalenti a prima dell’uscita del debutto ufficiale Los Chiquitos de Algeciras del 1961. Questa scoperta di grande valore artistico e storico è stata annunciata al Paco De Lucía Legacy Festival, svoltosi a New York dal 20 al 24 febbraio 2024.

Prima di essere conosciuti come Paco de Lucía e Pepe de Lucía, erano Pepito y Paquito. Fino a oggi solo in pochi conoscevano e potevano avere accesso alle prime registrazioni dei fratelli Sánchez Gómez, in arte De Lucia, ma questi 21 brani inediti scavano nel tempo mostrando la genesi di due tra i massimi esponenti del flamenco.

Registrate in modo rudimentale con un registratore Grunding dell’epoca,...

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le 21 tracce della raccolta rappresentano due documenti sonori dal valore storico inestimabile. Per l’occasione è stato svolto un intenso lavoro di recupero del materiale dai nastri originali, supervisionato e curato sempre fianco a fianco con la famiglia di Paco.

L’uscita di Bulería Niño Ricardo e Me falta la Resistencia ha coinciso con il decimo anniversario della morte del chitarrista considerato come l’esponente universale del flamenco. Il 25 febbraio, infatti, ricorreva un decennio dalla morte di Paco de Lucía, avvenuta a causa di un infarto nella città messicana di Playa del Carmen.
Da allora la chitarra flamenca lo ricorda attraverso la sua arte e grazie alla sua influenza su generazioni di musicisti a venire.

Classe 1947, Paco de Lucía (all’anagrafe Francisco Sanchez Gomez) è riuscito nella stoica impresa di fondere il flamenco con altri stili, dal jazz alla musica classica, senza perdere mai un profondo rispetto per la tradizione. I mezzi tecnici dei quali De Lucia ha sempre fatto sfoggio gli hanno consentito di cambiare radicalmente l’approccio al flamenco e, fungendo da ispirazione capace di trascendere il colore della pelle e le diverse culture.
Una visione unica, quella di De Lucia, sospinta dalla capacità di trasformare forme e narrazioni di un genere universale che, attraverso note e accordi suonati con eleganza e stile, ha segnato la diffusione del flamenco a ogni latitudine e territorio sonoro. In occasione dell’uscita di Pepito y Paquito abbiamo avuto l’opportunità di fare alcune domande a Curro, figlio di Paco, il quale è da anni coinvolto nella gestione della Paco De Lucia Foundation.

Ciao Curro, ti ringraziamo subito per il tempo che hai deciso di dedicarci? Come stai? Come vanno le cose?
Sono io a ringraziare voi. È un piacere ed un onore potervi rispondere. Sto bene, devo dire che il festival a New York nel quale abbiamo ricordato il 10° anniversario della morte di mio padre mi ha lasciato con uno stato mentale molto calmo e pacifico, e credo sia bello che questo venga anche da un ricordo doloroso.

"Pepito y Paquito" riporta alla luce tracce molto lontane nel tempo, registrate quando tuo padre e tuo zio Pepe erano molto giovani. Cosa significa per te averle finalmente pubblicate e disponibili per tutti?
Nella mia vita ho ascoltato molte storie riguardanti mio padre e mio zio Pepe, ma si trattava sempre di ricordi raccontati da loro, o da altri che li hanno incontrati al tempo di quando erano due giovani “chichitos”. Due ragazzini di 11 e 13 anni già intenti a fare della musica la loro vita, non è qualcosa che si sente tutti i giorni… Pertanto poter ascoltare delle registrazioni che incapsulano quei primi passi mossi verso l’affermazione artistica che li ha riguardati, è qualcosa di magico per me. È una sorta di macchina del tempo, una cartolina vivente, se vogliamo.

Sei stato coinvolto nella produzione e pubblicazione di questa raccolta?
Tempo fa mia sorella mi ha detto di essersi messa al lavoro con Javier Doria della BMG, e che stavano cercando di fare una sorta di backup di quelle registrazioni grazie a dei nastri che mio zio Pepe aveva confermato. Non appena le tracce sono state recuperate sono subito stato coinvolto nel progetto, ed è lì che è nata l’idea di pubblicare una raccolta di materiale riguardante quegli anni. Mi è piaciuta molto la proposta di Javier di voler far ascoltare il materiale a ballerini, cantanti e musicisti di flamenco, così da capire le loro reazioni nel momento in cui si fosse dato anche un po’ di contesto ai brani. Devo dire che fin da subito le reazioni sono state entusiastiche. La premiere si è svolta l’anno scorso ai Latin Grammys a Siviglia, e chiunque fosse presente è rimasto estremamente colpito dalla maturità di mio padre e di zio in quelle registrazioni adolescenziali.

C’è una traccia di queste 21 che ti è più cara per qualche motivo?
Non riuscirei mai a sceglierne soltanto una. Ammetto di essere molto affezionato ad ogni momento solistico di mio padre, e in queste registrazioni ci sono alcuni passaggi davvero molto significativi.

Grazie alla fondazione De Lucia, e grazie anche al documentario che hai diretto, "Paco de Lucía: la búsqueda", hai lavorato alla diffusione del lavoro e dell’arte di tuo padre. Cos’è che "Pepito y Paquito" aggiunge alla sua eredità?
Credo che quando un artista diventa un’icona, siamo sempre alla ricerca di nuove informazioni riguardo alla sua vita ed alla creazione del suo stile. Penso che questa raccolta di materiale dia modo di ascoltare molto bene come fin da ragazzino avesse mostrasse già una commistione di influenze molto stratificata.

Quando hai ascoltato queste tracce per la prima volta, quali pensieri si sono formulati nella tua mente?
Credo che a colpirmi maggiormente sia stata la volontà di mio padre e mio zio di registrare nel modo più professionale possibili. Devo ripeterlo ancora, erano semplicemente dei ragazzini, eppure stavano provando a fare qualcosa di molto più “adulto” di quello che ci si sarebbe aspettati da loro. Penso che questa sia una testimonianza molto forte della loro forza di volontà. Avevano le idee molto chiare riguardo a ciò che volevano fare nella vita.

Ricordi qualche racconto di tuo padre riguardo alla loro prima esibizione alla prima Flamenco Arts Competition di Jerez de la Frontera? Per loro è stato un momento a dir poco fondamentale.
Mio padre parlava sempre di quelle giornate spese a Jerez. Ricordo che mi raccontava sempre di quanto fosse nervoso, perché sapeva bene cosa c’era in ballo. Erano spaventati dal peso di quella competizione, perché, in fin dei conti, erano soltanto ragazzi. Ricordo anche molto bene che mio padre parlava di quell’esperienza come di una delle più dolci della sua intera carriera artistica.

Questa raccolta fa luce anche sull’intera eredità musicale che tuo padre ci ha lasciato. A questo proposito, quale pensi sia il cuore della sua eredità artistica?
Credo che la ricerca volta ad innovare il linguaggio del flamenco sia stata sicuramente la sua missione. E conseguentemente è divenuta anche la sua eredità. Mio padre ha cercato di spingere il flamenco oltre i suoi limiti espressivi, e lo ha fatto contaminandolo attraverso una ricerca che era, soprattutto, sperimentazione. Penso che questa sia la sua eredità, anzi, ne sono certo.

Probabilmente hai risposto a questa domanda molte volte nel corso degli anni, ma visto il materiale pubblicato viene quasi spontanea. Come è stato crescere con Paco de Lucia come padre? C’era una chiara separazione tra l’artista Paco de Lucia ed il suo ruolo paterno?
Decisamente sì. L’intensità, la concentrazione e la determinazione che mio padre mostrava sul palcoscenico non appartenevano alla sua vita privata in maniera così forte… Certamente non erano parte del suo essere padre. È stato un padre molto pacato e rilassato, cosa che cozza chiaramente con l’intensità espressiva che caratterizza la sua musica. Pertanto crescere con lui è stato molto facile per me, non ho mai avuto paura della pressione data dalla sua fama.

E quindi viene anche naturale chiedere: che ruolo ha oggi la chitarra nella tua vita?
Oh, ha un posto speciale nella vita di tutta la mia famiglia. La chitarra è qualcosa che simboleggia la nostra essenza ed il nostro modo di vivere nel mondo. È ovviamente un ricordo di mio padre ed un suo lascito spirituale per noi. Allo stesso tempo però nella vita di tutti i giorni la chitarra non ha un ruolo imperante, non suono di continuo e non ascolto musica esclusivamente chitarristica. Penso che si tratti più di un legame spirituale che ho con lo strumento, e che tutta la mia famiglia ha con la musica. Quando organizziamo il Festival con la fondazione De Lucia, però, è sempre stupendo immergersi negli ascolti degli artisti che inviano la loro candidatura.

Credi che la musica di tuo padre e la sua arte abbiano influenzato il tuo percorso come regista e filmmaker?
Bellissima domanda. Sono certo che la musica di mio padre mi abbia insegnato molto, anche se non sono un musicista a tempo pieno. Credo che il ritmo sia qualcosa che mio padre mi ha trasmesso ed è qualcosa che mi ha insegnato a concepire le mie riprese in maniera che tutto si svolga in modo corale, e con un certo flow. Penso che sia stata una lezione fondamentale, e che tutt’oggi giochi un ruolo importantissimo in quello che faccio tutti i giorni.

A dieci anni di distanza dalla sua scomparsa, cosa ne avrebbe pensato tuo padre della pubblicazione di questa raccolta?
Sono certo che sarebbe rimasto in stato di shock ri-ascoltando queste registrazioni. Sarebbe sicuramente stato interessato a cercare qualsiasi tipo di spunto riutilizzabile. Personalmente sono molto soddisfatto anche del risultato sonoro finale, e credo lo sarebbe stato anche lui.

Curro, ti ringraziamo di tutto cuore. Nel corso della nostra attività tuo padre ci ha dedicato spesso il suo tempo per qualche parola, ed è un piacere aver potuto scambiare quattro chiacchiere anche con te.
Il piacere è mio, vi ringrazio per l’interesse e per le domande molto accurate che avete preparato. Mio padre ne sarebbe felicissimo.

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