TOTO XIV STEVE LUKATHER

01 marzo 2015

intervista

TOTO
STEVE LUKATHER
TOTO XIV
Questo album è una specie di ritorno al passato. Lo abbiamo immaginato come se fosse Toto V, il seguito di Toto IV. Abbiamo voluto dare il meglio di noi stessi, essere musicalmente onesti e fare la miglior musica possibile. Intrattenere la gente è il motivo per cui siamo su questa Terra... - Steve Lukather
Toto XIV, è questo il titolo del ritorno della band americana nell’agone musicale a quasi 10 anni dall’ultimo disco di studio Falling In Between (2006). Il risultato di 30 anni di attività di musicisti di caratura internazionale, con tanto di stile maestoso e inconfondibile e quel mix di rock/R&B/soul/progressive che la band nata nel 1977 a Van Nuys (Los Angeles) ha trasformato nel suo peculiare marchio di fabbrica.

Ogni fan della formazione californiana aspettava da tempo la loro nuova release, ed ora eccola arrivare con il titolo di Toto XIV (Frontiers Records). Molteplici gli impegni che si sono accavallati nel tempo (non scordiamoci che stiamo parlando di sessionmen tra i più richiesti e apprezzati, nonchè di solisti di successo...), più una serie di accadimenti, come la separazione tutt’altro che consensuale dal loro management; il ritorno...

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in squadra del bassista David Hungate (al posto dell’indaffaratissimo Nathan East) e l’arrivo di Keith Carlock ad impugnare le bacchette che sono state di Simon Phillips. (Al momento soltanto in studio, poiché Carlock è impegnato con gli Steely Dan, mentre nell’attuale tour oneri e onori sono appannaggio di Shannon Forrest). Ma il nuovo album è arrivato e si sente!

David Paich, Steve Lukather e Steve Porcaro - insieme dall’inizio degli anni Settanta - più Joseph Williams (cantante nei precedenti The Seventh One e Fahrenheit ) e i loro compagni, hanno fatto ritorno in studio con determinazione e come “fasci di luce che esplodono nell’oscurità...” [Quincy Jones dixit]

Dichiara Steve Lukather: “quando siamo insieme in una stanza, l’unica cosa che può accadere è che tutto si amalgami alla perfezione, facendo le scelte migliori per realizzare i nostri brani migliori...”

Mentre Williams aggiunge: “stiamo parlando di una band in cui ciascuno è in grado di comporre musica, cantare e suonare. Tutti a dividerci oneri e onori in egual misura...”

Steve, partiremmo dal titolo, Toto XIV...
La tentazione era di titolarlo Toto V perché di IV ne è l’ideale seguito, riprendendone la grinta, la determinazione e la voglia di suonare. Poi però Joseph [Williams] ha suggerito che il numero romano XIV sarebbe stato più appropriato. La copertina riprende il vecchio stile Toto, a cominciare dalla spada - nuovamente presente - e la grafica è opera di Heather Porcaro [figlia maggiore di Steve]. Tutto torna. E’ stato come indossare un abito che ha segnato momenti felici della nostra vita.

Molti fan attendevano un nuovo album e qualcuno quasi disperava di poterlo ascoltare. Una tale aspettativa ha creato pressioni in studio?
Toto XIV è nato in un momento che definirei… particolare! Nessun di noi voleva realizzare un album nello stato attuale del music business: troppi intoppi, troppi cavilli, troppi ostacoli e vincoli. Ma siamo riusciti a scrollarci di dosso queste stronzate, ci siamo guardati e ci siamo detti “fanculo tutto... facciamo il disco!” Ma doveva essere qualcosa di grandioso, viceversa, l’avremmo piantata lì. Ecco perché ognuno di noi ha preso la cosa molto seriamente.

Abbiamo iniziato a scrivere e buttare giù idee e registrare. Pian piano il disco ha preso forma, a vivere di vita propria. Ci sono voluti 10 mesi di assoluta dedizione e cura per ogni singolo dettaglio, ma alla fine eccolo qui! Certo, le difficoltà non sono mancate: ognuno di noi è abituato a lavorare in modo diverso, dopotutto siamo dei solisti, ed erano anni che non dividevamo lo stesso studio di registrazione. Siamo come fratelli ma, si sa, anche i fratelli litigano. L’importante è che alla fine tutto si risolva con una pacca sulla spalla e un paio di birre. Ecco perché ho voluto (co)produrre l’album assieme a Cj Vanston... perché una voce autorevole ci facesse rimanere entro certi binari e, al contempo, aggiungesse il proprio know-how. Volevamo lavorare con una persona che rispettavamo professionalmente e umanamente e Cj è stato perfetto!

Nell’album appare una nuova e straordinaria sezione ritmica: Keith Carlock (batteria) e David Hungate (basso). Cosa ci puoi dire al riguardo?
David non è una vera new entry. E’ stato tra i fondatori dei Toto ed è tornato in famiglia per questo disco. Nelle session in studio abbiamo chiamato diversi bassisti ed io stesso ho suonato il basso in 3 brani... mi è piaciuto un sacco! David ha suonato in 3 brani, Lee Sklar e Tal Wilkenfeld in altri 2 e Tim LeFevbre [bassista con Derek Trucks] in un altro. Per quanto riguarda Keith [Carlock], è un batterista brillante e stilisticamente differente da Simon [Phillips]. Era stato lui a decidere di andare via per seguire un percorso più jazz oriented del nostro. Ed è stato giusto così: non c’è peggiore cosa che forzare qualcuno a suonare una musica che non sente sua. In ogni caso, come accadde con Jeff [Porcaro], non cercavamo un musicista-clone. Quando Simon ci ha salutato è stato un momento molto triste per tutti, ma so che adesso è sereno e fa la musica che preferisce. Nessun rancore. Mi piace la sua nuova band, i Protocol, e vi invito ad andare a vederli se vi capita! In futuro, spero di avere altre chance di suonare con lui.

Avevo già lavorato con Keith in un paio di occasioni e mi piace il suo drumming. D’altronde, le sue credenziali parlano chiaro: Clapton, Sting, John Mayer e gli Steely Dan... Ho fatto il suo nome e mi sono battuto per farlo entrare in squadra. Keith ha suonato in tutte le tracce di Toto XIV ma purtroppo non può seguirci in tour perché impegnato da tempo con gli Steely Dan. Le percussioni, infine, sono opera di Lenny Castro, bravissimo!

In tour, dietro i tamburi siederà Shannon Forrest?
Esattamente. Ha iniziato sostituendo Keith nello scorso tour nordamericano dei Toto [estate 2014] e devo dire che mi ha sorpreso: sapevo che era bravo, ma non così! Di recente ha collaborato con Donald Fagen, Boz Scaggs e Michael McDonald nel dvd intitolato Dukes Of September Rhythm Revue [registrato presso il Lincoln Center di New York]: davvero un bel sentire. Inoltre, è uno dei sessionmen più quotati di Nashville e le sue collaborazioni contemplano nomi come Carrie Underwood, Faith Hill, Kenny Rogers, Taylor Swift e LeAnn Rimes. E’ endorser del marchio australiano Brady Drums e cita Jeff Porcaro quale principale fonte d’ispirazione. Shannon è un fucking great drummer... te ne accorgerai quando ci vedrai sul palco questa estate!

Veniamo ora ai brani di Toto XIV. E’ stata una gestazione travagliata?
Abbiamo lavorato sodo. Ognuno ha avuto la possibilità di distinguersi a livello compositivo ed esecutivo, e non è stato facile ottenere un simile equilibrio. Gestire 4 lead singers, 4 autori, seguendo uno schema preciso non è stata cosa da poco, ma alla fine ci siamo riusciti: grande produzione, grande energia e grandi song! In tutto questo si è inserita la nuova sezione ritmica in modo fantastico, contribuendo con il proprio intervento, pur mantenendo intatto lo stile Toto.

Il primo brano composto per Toto XIV?
E’ stato Fortune. Un giorno Joseph arriva in studio dicendo: “ho qui un pezzo bello e finito, ve lo faccio ascoltare?” Era davvero forte! Da lì ha iniziato a prendere forma l’entusiasmo e, di conseguenza, l’intero progetto.

Running Out Of Time vede la tua chitarra protagonista...
Thanx man! Devo dire che in questa song, come nelle altre dell’album, ho cercato di concentrarmi in primis sulla melodia e poi trovare il giusto assolo. Insomma, non sono un virtuoso, né un chitarrista tecnicamente superdotato come ad esempio Guthrie Gowan, che dio lo benedica! E quando ci ho provato (ad esserlo) mi sono riascoltato vergognandomi un po’. Ho la mia età e non mi interessa più impressionare l’ascoltatore; i miei ego trip sono finiti da tempo, perciò preferisco concentrarmi sulla song e utilizzare la chitarra come strumento di accompagnamento. Voglio semplicemente essere “la miglior versione possibile di Steve Lukather!” Essere soulful & melodic. Tornando a Running Out Of Time, può farti tornare alla mente lo Steve Howe del primo periodo Yes; il suo lato compositivo, la meticolosità del suo playing... pur se ammetto che mi piace improvvisare. L’assolo è di vecchio stampo ed è questa la sua bellezza. Steve [Howe] è stato una delle mie influenze maggiori.

Da un punto di vista squisitamente chitarristico, Holy War è altrettanto intrigante...
Questa song l’abbiamo composta io, Cj e Joseph: un lavoro di squadra ben riuscito. L’assolo è forse il più flashy e appariscente e, diciamolo, anche il più paraculo dell’album! Ricordo che ero molto incazzato quel giorno, ho imbracciato la mia Luke e ho iniziato a sfogare la mia rabbia. Il risultato lo puoi ascoltare...

Che chitarre hai utilizzato in Toto XIV?
Unicamente la mia MusicMan Luke III collegata a un Bogner Amp. Nessun effetto.

Il tuo brano preferito?
Sono particolarmente affezionato a 21st Century Blues. In particolare all’assolo, per il quale ho cercato di essere originale senza apparire lezioso: credo sia un buon mix di tradizione e innovazione in ambito blues, appunto. Un mood riconducibile al mio caro amico Larry Carlton, o gli stessi Steely Dan. Questa song parla di quando ti svegli la mattina, accendi il computer e leggi posta e email: nel 99% dei casi si tratta di brutte notizie. Certo, bisognerebbe cercare di non credere a tutto ciò che leggi e ribellarsi al brainstorming mediatico, ma tant’è. Insomma, un testo avvolto da un velo di tristezza, quasi di rassegnazione... la sensazione che riportavano anche i vecchi brani blues. Oggi siamo nel 21esimo secolo ma, come vedi, nulla è cambiato in tal senso.

C’è un brano mutato più di tutti rispetto all’idea originale?
Molti brani hanno subìto variazioni, anche importanti, durante il processo creativo e di registrazione ma, forse, il caso più eclatante è Orphan. Credici o meno, era nato come ska, mentre poi lo abbiamo traghettato in qualcosa più in… Toto style! E’ uno dei tre brani in cui ho suonato il basso. Gli altri sono Unknown Soldiers e Great Expectations. Mi sono divertito molto a fare il Chris Squire della situazione!

Che basso hai utilizzato?
Un MusicMan! Il mio sodalizio con questo marchio dura da anni e tu sai che squadra vincente non si cambia...

Componi più con la chitarra elettrica o acustica?
Entrambe. Ad esempio, Unknown Soldier è una song nata nel salotto di casa imbracciando un’acustica, con David [Paich] al piano. L’idea del testo è di David e poi lo abbiamo elaborato entrambi.

Cosa ci dici delle ballad Burn e The Little Things?
Little Things è farina del sacco di Steve Porcaro: una semplice pop song che non significa una limitazione, tutt’altro! Pensa che la prima volta che Steve era arrivato in studio con una sua song, risale ai tempi di Toto IV, vedi...tutto torna! Burn dal canto suo, si basa su un chorus grandioso e una produzione fantastica. Una song dal grande impatto emotivo e sonoro. Anche qui c’è lo zampino di Steve, insieme a David, e mi fa piacere sia presente sull’album: il suo talento di autore è sempre stato sottovalutato.

Infine c’è Chinatown, dal sapore piuttosto rétro...
Hai visto giusto! Si tratta di un pezzo di David che risale al 1977, quando i Toto ancora non erano i Toto. Un brano mai completato e in puro vintage style, ora finalmente dissotterrato e fatto brillare... Inoltre, Lenny [Castro, percussioni] non è niente male. E’ l’unico brano del disco cantato da tre voci soliste: David, Joseph e il sottoscritto.

Se tu dovessi scegliere un solo brano per rappresentare Toto XIV?
Direi senza dubbio Great Expectations. Forse il miglior brano dei Toto in 35 anni di onorata carriera: un mix di pop e rock in grado di suscitare emozioni forti e coinvolgere l’ascoltatore totalmente. Ho suonato ispirandomi al David Gilmour di Confortably Numb.

A bocce ferme, che idea ti sei fatto di questo album?
Great album, man! Erano 10 anni che non ci ritrovavamo in studio, e riconosco che abbiamo partorito qualcosa di forte. Nel migliore stile Toto. Lo dico con orgoglio misto a frustrazione, perché potrebbe davvero essere il nostro canto del cigno. Chi può dire quale sarà lo stato del music business tra 10 anni? Dopo aver trascorso tanto tempo insieme, arrivando quasi allo scontro fisco, chissà quanto ne dovrà passare prima che riaccada! Il fatto è che l’industria discografica non ha più soldi da investire. L’artista non guadagna più, fagocitato dalla rete. Non credere a ciò che ti possono dire altri, la realtà è questa. Noi comunque lo facciamo per amore dell’arte e per la gente che ama la nostra musica, compra i nostri dischi e assiste ai nostri concerti. Dal vivo, ti assicuro, non siamo mai stati così in forma! Mai.

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