SACROMUD "The Sun Experience"
di Umberto Poli
01 giugno 2025

recensione
Sacromud
The Sun Experience
Labilia Records
La prima volta non si scorda mai. Ne sanno qualcosa i Sacromud che, per la realizzazione del loro nuovo album, The Sun Experience, hanno potuto varcare la prestigiosa soglia del Sun Studio di Memphis ed accedere al cosiddetto classico sogno nel cassetto. Quale? Il loro: quello di incidere ben sette tracce laddove hanno mosso i primi passi niente di meno che Elvis Presley, Jerry Lee Lewis, Johnny Cash e, negli anni a venire, U2 (vi dice qualcosa Rattle And Hum?), Ruthie Foster e Robert Randolph, tra gli altri.
The Sun Experience è il diario di bordo dei Sacromod, un’esperienza impossibile da dimenticare, tanto che la band umbra, guidata dal chitarrista Maurizio Pugno, in fondo in fondo, stenta ancora a crederci. Eppure, il disco ora è una realtà. Gli ingredienti? Un’insolita bufera di neve, una sessione saltata per cause di forza maggiore, il fortuito incontro con l’ingegnere del suono Daniel Crockett e 5 (pazzesche) ore a disposizione. Un mix più unico che raro e una di quelle opportunità che, nel corso della vita, difficilmente capitano due volte. Memphis, Sun Studio, Sacromud. Nessuna formazione italiana, mai era riuscita nell’impresa. E infatti, a ragione, con una dose di palpabile emozione, Pugno afferma a...
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The Sun Experience è il diario di bordo dei Sacromod, un’esperienza impossibile da dimenticare, tanto che la band umbra, guidata dal chitarrista Maurizio Pugno, in fondo in fondo, stenta ancora a crederci. Eppure, il disco ora è una realtà. Gli ingredienti? Un’insolita bufera di neve, una sessione saltata per cause di forza maggiore, il fortuito incontro con l’ingegnere del suono Daniel Crockett e 5 (pazzesche) ore a disposizione. Un mix più unico che raro e una di quelle opportunità che, nel corso della vita, difficilmente capitano due volte. Memphis, Sun Studio, Sacromud. Nessuna formazione italiana, mai era riuscita nell’impresa. E infatti, a ragione, con una dose di palpabile emozione, Pugno afferma a...
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più riprese: “Siamo consapevoli di aver scritto una piccola storia nella storia. Incredibile, ma vero!”.
The Mule, Holy Day, Symmetry, Sticky Situation, The Hider & The Seeker, Pray For Me, (Extra)Ordinary Day. Ecco i titoli che compongono il lavoro. Sette tracce pensate per raccontare ciò che è stato il “sacro fango” di cui i Sacromud si sentono portatori sani e fieri. Una miscela di blues, gospel, soul, funk, rock, R&B tutta da ascoltare, tutta da godere. Le etichette in un cassetto, le orecchie aperte, il cuore pronto ad accogliere una cascata di buone, anzi, buonissime vibrazioni. La voce irresistibile di Raffo Barbi, il piano e l’organo Hammond di Alex Fiorucci, il basso avvolgente di Franz Piombino, la batteria di Riccardo Fiorucci, una sezione fiati da antologia (The Cape Horns) e la seicorde del leader, guidano l’ascoltatore in un viaggio sonoro che, immancabilmente, porta con sé il pathos dei migliori dischi del passato, il fascino dei locali di Beale Street, le luci, le ombre, e tutte le innumerevoli contraddizioni dell’America, amate e meno amate che siano.
Vista l’occasione e la portata della nuova release dei Sacromud, non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di scambiare qualche parola con Maurizio Pugno, da quarant’anni chitarrista e autore stimatissimo su scala nazionale. E, cosa non da poco, persona dai modi gentili e dalla passione per la Musica - tutta - a dir poco encomiabile.
Maurizio, sii sincero… ogni chitarrista che, come diceva Ray Charles, sappia che cosa significhi sporcarsi le mani con il blues, nutre il desiderio di poter un giorno suonare e registrare negli Stati Uniti. Com’è stato per te? E, visto che ci siamo, dove affondano le tue radici di musicista?
Per me, sporcarsi le mani con il blues vuol dire attraversare le intemperie del quotidiano. Il blues mi occorre per tenere lo sguardo rivolto verso il basso, nel sottobosco dei sentimenti: credo sia il modo migliore per comprendere i più deboli e decodificarne la sofferenza. A livello strumentale, il mio primo slancio è stato verso il sax tenore. Ancora oggi mi capita di concepire gli assoli con la mentalità di un sassofonista e di essere fortemente condizionato dalle orchestre swing quando mi trovo ad accompagnare ritmicamente. Circa le mie radici, non posso non citare i Deep Purple con Ritchie Blackmore e, di conseguenza, tutto il rock blues degli anni Settanta: dagli Allman Brothers ai Little Feat, senza dimenticare colui considero un autentico faro ispiratore… Ry Cooder. Il viaggio negli Stati Uniti con i Sacromud, Memphis, il Mississippi, la celeberrima Beale Street, l’universo Stax e naturalmente il Sun Studio, è stato un sogno ad occhi aperti e, in qualche modo, la chiusura di un cerchio iniziato da bambino sulle orme di Albert King, Muddy Waters, Howlin’ Wolf e tanti, tanti altri artisti leggendari.
Come siete giunti a registrare al Sun Studio di Memphis?
Tutto ha avuto origine nel 2023 con la nostra vittoria all’Italian Blues Challenge. Da lì, si è creata una fantastica rete di persone e combinazioni che ha fatto sì che il nostro sogno acquisisse forma e sostanza: il nostro management (Labilia), il lavoro incessante dell’ufficio stampa (AZ Press), una troupe video al fianco e la destrezza organizzativa di un tour manager d’eccezione, Davide Grandi. Infine, una tempesta di neve e una notte trascorsa dando il meglio di noi stessi… scrivendo la piccola vicenda dei Sacromud nel grande volume della storia!
Che cosa ci puoi dire dell’equipaggiamento che hai adottato per le registrazioni di The Sun Experience?
Sebbene io non mi consideri un guitar hero, nutro un rapporto viscerale con la chitarra e la considero a tutti gli effetti un mezzo al servizio della band e degli arrangiamenti. Al Sun Studio di Memphis abbiamo avuto il permesso di utilizzare gli strumenti dell’epoca e di farli (ri)vivere. Mi riferisco al pianoforte con cui Jerry Lee Lewis nel 1957 immortalò Great Balls Of Fire (con tanto di bruciatura sui tasti provocata dal sigaro), a un Hammond B3 del 1950, a microfoni della fine dei ‘50, a una batteria Ludwig del 1960 suonata da Ringo Starr e a un vecchio Fender Precision Bass, giusto per citarne qualcuno. Tra le tante chitarre messe a disposizione, ho deciso di utilizzare una Silvertone Thin Twin del 1958 ed una Telecaster Thin Line del 1972 con gli humbucker, collegandole a un piccolo amplificatore Fender 5E3 Deluxe del 1954! Effetti? Nessuno, ad eccezione di un Electro Harmonix Micro Q-Tron Auto Wha per la terza traccia (Symmetry).
L’album si compone di sette tracce, frutto di rivisitazioni e ripescaggi dal vostro repertorio. Con quale criterio le avete scelte?
Al momento di sceglierle, dopo aver firmato il contratto con lo studio, abbiamo pensato di mettere a fuoco un’istantanea dei Sacromud, cercando di dare spazio anche a certi aspetti che in passato non avevamo fatto emergere e di mettere a punto una tracklist che potesse essere comodamente accolta dalle due facce di un vinile. Abbiamo quindi optato per cinque capisaldi del nostro repertorio, oltre a due mie tracce più bluesy, Sticky Situation e Pray For Me, quest’ultima una di quelle a cui sono emotivamente più legato.
Progetti per il futuro? Dove vogliono arrivare i Sacromud e quali traguardi fanno ancora gola alla band e al “sacro fango” di cui sono alfieri?
Cerchiamo di trasformare in suono le nostre esperienze individuali e, per quanto possibile, di metterci costantemente in discussione. Una ricerca al contempo ostica e necessaria. Abbiamo a cuore la missione di contrastare, strumenti alla mano, il chiasso generato dai pregiudizi e abbattere qualunque recinto di genere. Per quel che riguarda espressamente me, che dire… sono giunto al diciannovesimo album in quasi 40 anni di musica! Non vedo l’ora di iniziare a calcare i palchi con il nostro The Sun Experience Tour e di festeggiare, il prossimo anno, il mio ‘primo’ sessantesimo. Come? A voi lo posso rivelare in anteprima… con un nuovissimo capitolo in studio targato Sacromud!