GLASS HAMMER Skallagrim - Into The Breach

di Susy Marinelli
01 febbraio 2022

recensione

GLASS HAMMER
Skallagrim - Into The Breach
Sound Resources
Chi ha  presente la passione, la professionalità, il talento che pervade ogni singolo album dei Glass Hammer sin dalla nascita della formazione nel 1992, non rimarrà sorpreso della qualità di Skallagrim - Into The Breach,  il loro più recente lavoro. Secondo capitolo di una trilogia iniziata nel 2020 con Dreaming City, il nuovo album continua sulla via del concept procedendo con l’avventurosa storia del ladro Skallagrim che perde la memoria e la donna amata, e parte alla ricerca di entrambe impugnando la sua fidata spada, ritrovandosi perfino in guerra. Dunque, una narrazione tipica delle novelle anni Sessanta e Settanta per questo 21esimo (e più heavy in assoluto) album della formazione canadese che si è fatta largo pian piano nel mondo del new prog rock.

Skallagrim - Into The Breach sfodera la new entry, la lead vocalist Hannah Pryor, che si affianca a Steve Babb (lyricist, bassista, cantante e co-produttore), Fred Schendel (tastiere), Aaron Raulston (batteria), oltre a Reese Boyd e Brian Brewer, i due chitarristi live aggiunti alla lineup, nel pieno della loro energia e creatività. Non a caso, l’album in questione, pur ripercorrendo le marcate influenze che da sempre caratterizzano i...

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Glass Hammer e che si identificano in band leggendarie  come Yes, Genesis, Pink Floyd, Rush, aggiunge ingredienti nuovi, sfoggiando una spiccata e moderna personalità. Tutto, senza abbandonare i classici territori di prog rock, symphonic rock e folk rock, rinforzandone l’attitudine hard che probabilmente la fanbase dei GH nemmeno si aspettava.

Apre le danze He’s Got A Girl, una breve intro pensata per esaltare la voce pacata e vellutata della Pryor, la quale riesce a non far rimpiangere troppo Susie Bodganowicz, la storica cantante della band canadese. Subito dopo arriva la sferzata di Anthem To Andorath, gran lavoro di Reese Boyd alla chitarra ed una linea di basso davvero potente.

Sulla medesima lunghezza d’onda, Sellsword  è un mix di influenze, dai Black Sabbath ai Nirvana, con la Pryor che si allinea alla perfezione al feeling generale dell’improvvisazione; segue Steel con la sua coinvolgente intro delle tastiere e la sezione ritmica in gran spolvero, per un omaggio all’hard rock dei Settanta.

È quindi la volta di tre strumentali, nei quali i Glass Hammer mettono in luce il loro gusto interpretativo e la loro indubbia tecnica: A Spell Upon His Mind pone Babb al centro della scena, il successivo Moon Pool sfodera atmosfere jazz e psichedeliche, mentre The Dark consegna la suggestiva presenza dell’Hammond.

Con The Ogre Of Archon si torna in territorio heavy, con la voce di Babb a salire in cattedra, ben supportato dalla band e dal peculiare contributo di Reese Boyd: chitarrista che, grazie ai Glass Hammer, ha l’occasione di sciorinare il suo playing e talento.

Se Into The Breach consegna un groove davvero accattivante ed una atmosfera-tributo a certe hit dei Rush, il successivo The Forlorn Hope sfodera un chorus maestoso che va ad anticipare una sezione acustica movimentata dai vari cambi del timing; dal canto suo, in The Writing On The Wall, con la voce della Pryor a farla da padrona, poggia su un riff di chitarra piuttosto fluido ed un accattivante groove funky; un brano tra i più rilassati della tracklist.

Con Hyperborea tornano i richiami ai Rush ed al prog rock in generale, per un brano tra i più apprezzabili e meglio interpretati dell’album in questione. Segue, infine,  Bright Sword con la sua atmosfera intensa ed un sound vigoroso e massiccio. Chiude l’album la bonus track titolata The Mind Of Erling Hizzard.

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