Robbie Robertson, l’ultimo valzer (1943 – 2023)
di Ignazio Vagnone
25 agosto 2023

E così ci ha lasciati anche Robbie. Quel vortice che si chiama vita, che tutto travolge, si è portato via questo rocker ottantenne, che forse meglio di tutti rappresenta la cultura rock americana. La sua stessa vita è stata un “meltin’ pot”: nato in Canada, da madre pellerossa Mohawk e padre ebreo, si autoproclamava “southerner” (sudista) per vocazione, e iniziò la sua carriera di songwriter a 17 anni, scrivendo brani in puro stile rock’n roll, che dovette cedere ad un prestanome di New York pur di poterli pubblicare. Con Elvis prima e poi la British Invasion ovviamente capitanata da Beatles e Rolling Stones, la stessa scena musicale americana avviò un processo di contaminazioni, facendo cadere quelle rigide barriere tra generi musicali e categorie di ascoltatori che l’avevano caratterizzata fino ad allora.
Uno dei momenti topici di questa trasformazione furono i tour di Bob Dylan del 1965/66, quelli della svolta elettrica. Bene, su quel palco, c’era Robbie Robertson, con la neonata “Band”, a fornire la spina dorsale, la base ritmica ed i colori, alla voce, abrasiva come mai prima di Dylan, che, alle contestazioni del pubblico che inizialmente non apprezzava la versione elettrica, reagiva gridando alla band “Più forte! Suoniamo più...
l'articolo continua...
Uno dei momenti topici di questa trasformazione furono i tour di Bob Dylan del 1965/66, quelli della svolta elettrica. Bene, su quel palco, c’era Robbie Robertson, con la neonata “Band”, a fornire la spina dorsale, la base ritmica ed i colori, alla voce, abrasiva come mai prima di Dylan, che, alle contestazioni del pubblico che inizialmente non apprezzava la versione elettrica, reagiva gridando alla band “Più forte! Suoniamo più...
l'articolo continua...
Sei già registrato?
accedi per leggere l'articolo completo
Leggi anche