WILCO Cruel Country

di Umberto Poli
03 ottobre 2022

recensione

WILCO
Cruel Country
dBpm Records  
Immaginate uno studio di registrazione pieno zeppo di amplificatori, tastiere, chitarre di ogni tipo, strumenti bizzarri e ricercate apparecchiature d’epoca. Provate a chiudere gli occhi e vi ritroverete - come per incanto - a Chicago, tra le pareti pulsanti di creatività di The Loft, la fucina delle meraviglie di Jeff Tweedy e dei suoi Wilco, giunti – con questo doppio Cruel Country - alla boa del 12esimo long playing.

Il lavoro, come non capitava da più di 10 anni (nello specifico da The Whole Love del 2011), la band lo ha registrato in presa diretta, con i sei membri armati di voglia di tornare alle radici, ma anche di rivivere l’emozione di suonare e sudare tutti assieme nella stessa stanza.


Le tracce (ben 21, firmate da Tweedy) vanno indubbiamente ad impreziosire la storia della formazione americana e a comporre un affresco sonoro che completa quel che è stato il loro viaggio fino a questo momento. In che modo? Attingendo a piene mani, con freschezza e navigata esperienza, dagli sconfinati territori del country: il genere da cui la band aveva mosso i primi passi a inizio carriera (e ancor prima, si pensi agli Uncle Tupelo) per ritrovarsi,...

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oggi, ad esplorarne le pieghe con idee e maturità differenti rispetto al passato.

I frutti di tale operazione, disseminati lungo i quasi ottanta minuti di Cruel Country, sono godibili, ispirati, a tratti davvero imperdibili. Fin dal titolo, che mette in luce i due elementi cardine, sul piano tematico, delle composizioni: l’amore per il proprio Paese e, al contempo, la necessità di rilevarne le numerose contraddizioni.

Tra gli esempi più riusciti e convincenti del repertorio dei Wilco, questo atteso ritorno sul mercato discografico sancisce il valore della formazione della cosiddetta Windy City, sottolineandone l’unicità all’interno del variegato panorama della musica a stelle e strisce, e consegnando agli ascoltatori una serie di canzoni autentiche, emozionanti, destinate a durare nel tempo e - si spera - nelle setlist dei loro concerti: si va dal singolo Fallin’ Apart (Right Now), divertente e leggero, alle malinconiche I Am My MotherTired of Taking It Out On You passando per la beatlesiana Story to Tell per arrivare a tracce spoglie ed eteree come The Universe, The Plains, Many Worlds (con tanto di splendida coda strumentale).

Un’ultima considerazione. Chi ha amato American Beauty, Workingman’s Dead e Reckoning di Jerry Garcia e soci, che ai Grateful Dead più acustici di Garca strizza l’occhiolino, in questo disco troverà cibo gustoso di cui nutrirsi.

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