TAJ MAHAL & KEB MO "Room On The Porch"
recensione
“Il primo album si è rivelato così straordinario che una parte di me si è chiesta se fosse stato un semplice colpo di fortuna. Una volta varcate le porte dello studio, ho avvertito la stessa magia di allora e mi sono reso conto che non si era trattato affatto di fortuna...”: così scherza Mo’ nel raccontare la tanto attesa reunion dei due artisti afroamericani, che sono anche i co-produttori del nuovo album.
Andando nello specifico, Room On The Porch si compone di sette brani inediti aggiunti a tre cover, che spaziando dal blues, al soul, al gospel, mettono in luce, ancora una volta, l’innata valenza del loro songwriting, nonostante la loro non più verdissima età: 83 anni Mahal, 73 anni Mo’.
Chi si aspetta temi cupi e la sofferenza tipica del blues rimarrà spiazzato dall’ascolto della tracklist: temi come la fiducia nel prossimo, la gioia di vivere, l’amicizia, sono il leit-motiv di Room On The Porch, un...
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album per l’appunto solare e godibile, in una parola sincero.
Se la prima parte della scaletta si incentra perlopiù sulle atmosfere country e soul, la seconda parte si immerge nel traditional blues: ne sono fattivi esempi episodi come la stupenda versione di un classico evergreen come Nobody Knows When You’re Down And Out, il brano del 1923 scritto dal pianista Jimmy Cox ed interpretato anche da artisti come Eric Clapton (Unplugged, 1993); il magistrale assolo di Taj Mahal, con le classiche “poche note ma buone” a sottolineare con maestria i cambi di accordo, nonché il groove del trascinante mid-tempo She Keeps Me Movin, impreziosito dai cori di John Oates, che imprimono un’impronta gospel al brano. E ancora: l’indolente e cadenzato Blues I’ll Give You Back, ed infine lo scarno blues rurale di Rough Time Blues, in cui i due artisti si accompagnano con la sola chitarra acustica, imprimendo un comping puntuale, coeso e coinvolgente, con cui chiudono l’album.
Room On The Porch non tradisce certo le aspettative, restituendo tutto il pathos e la passione di Taj Mahal e Keb Mo’, ispirati, e nel pieno della loro forma.
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