LUCA NOBIS & ROBERTO GUALDI "Echos De Bazar"
recensione
Proprio come in un bazar, dove le variegate merci esposte si mescolano ai colori delle voci tra le bancarelle, le tracce del disco firmato Nobis & Gualdi evocano atmosfere, ritmi e melodie policrome che si esprimono in libertà, generando un’eco che si propaga e si diffonde nell’aria con i profumi più speziati. Non è caos, non è contrasto, né lo stridere di un attrito, bensì un variopinto amalgama di suoni e colori che attraversa una tracklist in equilibrio con coerenza, gusto e connessione. Otto tracce costituiscono l’ossatura di Echos De Bazar, a cui si aggiungono tre brevi interludi concepiti dai due autori con l’idea di evocare tre precisi momenti della giornata: l’energia del mattino, la stabilità...
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del pomeriggio e la calma meditativa della sera.
Se Echos De Bazar, il brano che dà il titolo all’album, è caratterizzato dalla chitarra acustica di Nobis marcata a vista dal ritmo del darbuka della tradizione magrebina che Gualdi trasferisce sulla batteria, il successivo Come Una Primavera è il brano che Nobis prende a prestito dal suo repertorio di solista implementandone il contenuto melodico e generando un ostinato con gli octoban capace di dialogare in sintonia.
Primo interludio della tracklist, Morning Interlude è il piacevole gioco tra la chitarra acustica e l’udu drum, inteso ad esprimere l’energia del mattino che Nobis e Gualdi imprimono nel concept in questione; segue No Fear e il registro cambia i connotati: questa volta è la citazione di un discorso del monaco Zen vietnamita Thich Nath Hahn a rivelare il mood del brano “quando abbiamo paura di noi stessi, perdiamo la solidità e diventiamo deboli”. Si tratta di un brano dall’incedere malinconico, ma che via via cede il posto alla delicatezza per trasformarsi in quella solidità che fornisce l’ausilio ai momenti più difficili della vita.
Come tutta la tracklist, anche Kali Moon nasce direttamente in studio, mentre Nobis e Gualdi si avviano col pensiero nei meandri della musica africana contemporanea: un pezzo di carta inserito tra le corde della chitarra e l’interpretazione di certi ritmi afro dietro i tamburi, firmano il coinvolgente suono del brano in questione.
Secondo interludio del disco, questa volta a riecheggiare la stabilità del pomeriggio del concept, Afternoon Interlude è il gioco tra la seicorde e il log drum, lo strumento di legno a forma di parallelepipedo, intonato sulla pentatonica, da suonare alla stregua di uno xilofono. Dopo tale divertissement, arriva Sundance con il tema dal sapore brasiliano condotto dalla chitarra acustica e la batteria acustica che segue la stessa direzione.
Il disco prosegue con Da Lontano, ed è una ballad che Nobis estrae dal suo repertorio: soffice e delicata, con la batteria di Gualdi che marca il territorio senza invadere; poi arriva il terzo interludio, Night Interlude, la calma della sera. Il battito rallenta, c’è il tempo di fare il punto della giornata trascorsa e di conversare: la seicorde acustica e la kalimba prendono a dialogare in relax.
Se il successivo Il Varco è il momento country dance del disco, dinamico, vivace, festoso, ecco che l’atmosfera si stempera poco dopo, lasciando spazio a Breath (respiro) che chiude la tracklist. “E’ presente un drone che funge da sottofondo per entrare nella fase di rilassamento...” – spiegano Nobis e Gualdi – “Abbiamo aggiunto una goccia perché lo scorrere del tempo sia più lento dei secondi, in modo da rallentare anche gli orologi. E’ possibile sincronizzare il respiro con questo battito... oppure no. Abbiamo improvvisato e fotografato il momento”.
Ciao Luca, eccoci a parlare di Echos De Bazar, l’album che ti vede in tandem con Roberto Gualdi. Una domanda sorge quindi spontanea: vi conoscete da sempre, oppure è un’amicizia recente, scattata dall’empatia che vi accomuna?
La nostra amicizia è nata frequentandoci tra i corridoi del CPM, quando a un certo punto è nata l’abitudine di pranzare insieme il lunedì. Nel corso delle nostre chiacchierate abbiamo scoperto la passione comune per la world music e così una volta gli ho chiesto se gli andava di fare due “spennellate” di batteria nella serata che avrei fatto in un locale milanese. La spontaneità e quindi il fluire delle cose sono alla base del nostro progetto. Roberto ha dato nuovi colori ai miei brani, lasciandosi guidare dalla sua sopraffina sensibilità artistica, mentre altri brani sono nati da idee che abbiamo esplorato insieme.
Dopo quella serata avete preso a suonare insieme più di frequente, immergendovi anche nel progetto E-Wired Empathy: ti va di parlarcene?
Volentieri. E-Wired Empathy è il collettivo messo in piedi da Giovanni Amighetti (tastierista, arrangiatore e produttore della Real World, l’etichetta di Peter Gabriel), strettamente legato alle produzioni di world music: dalla cantante/chitarrista franco-congolese Gasandji, a Stefania Morciano e Francesca Della Monaca, le cantanti impegnate con la Notte Della Taranta, a David Rhodes, lo storico chitarrista di Peter Gabriel, giusto per citare qualche nome. Giovanni era venuto a vedermi quella sera e così è stato naturale presentargli Roberto e coinvolgerlo nel progetto.
Torniamo a Echos De Bazar e ai variegati sapori offerti dall’album: atmosfere e ritmi che prelevano dal tuo repertorio, ma anche dai ritmi della tradizione africana e brasiliana per i quali hai ricercato il giusto suono, in ogni modo. In Kali Moon, ad esempio, hai messo un pezzetto di carta tra le corde della tua chitarra acustica: come sei giunto all’idea?
Ho “preparato” la chitarra in quel modo perché mi porta a pensare alla kalimba; è un’idea che ho avuto nel periodo in cui ho collaborato con Gasandji e che ho poi percorso con Gabin Dabiré in alcuni live. Per quanto riguarda gli altri ritmi, devo dire che sono frutto della contaminazione degli ascolti e delle esperienze che ho accumulato negli anni di studio e di esplorazione della musica brasiliana e mediorientale e che si possono rispettivamente ritrovare in Sundance e Echos De Bazar.
Come dicevamo, il disco prende a prestito alcune composizioni del tuo repertorio che tu e Gualdi avete interpretato liberamente, sul momento: come le hai scelte?
Le abbiamo selezionate in base a quanto ci piacevano e a quanto potessero essere ri-adattate per il progetto. Ad esempio, per Il Varco, la parte di batteria è stata improvvisata durante la nostra primissima esibizione dal vivo. Abbiamo quindi deciso di conservarne la spontaneità, mantenendo i giochi ritmici già insiti nel brano.
Chiudiamo con una domanda che non può mancare: ci dici quali chitarre ti sei portato in studio per le registrazioni di Echos De Bazar?
Mi sono portato la mia fedele acustica Cort E-CE LE2 Limited Edition: il suo body è costituito dalla tavola armonica in cedro e fondo e fasce in koa brasiliano e adoro il suono caldo e rotondo che genera. Inoltre, in questo caso ho montato delle D’Addario XS 013 perché è una chitarra in grado di sostenerle, restituendo la profondità del suono che spesso ricerco in una corda. Ho anche utilizzato la mia Ivan Bruna con le corde in nylon, che è la chitarra che mi ha accompagnato nel percorso dei miei studi classici e che mi ha sostenuto durante il diploma in conservatorio. Ha la tavola armonica in abete, il quale conferisce al suono grande proiezione e grande articolazione anche con gli accordi polifonici più complessi. Infine, ho utilizzato una parlor realizzata da Gérard Chatelier, di cui mi sono innamorato al Festival di Issoudun, in Francia, dove nel 2023 ho rappresentato il settore fingerstyle italiano insieme a Walter Lupi e Dario Fornara. Ha il fondo e le fasce in cocobolo e la tavola armonica in abete Engelmann ed è ispirata dalla Bay State americana, costruita da Charles Haynes nel 1895. Anche questa chitarra si appropria delle caratteristiche timbriche delle precedenti e vi aggiunge un grado di versatilità sorprendente: l’ho utilizzata in Sundance, ora col suo respiro ritmico, ora col suo Tone morbido e melodico. Come dicevo, mi sono proprio innamorato di questa chitarra!
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