BRUNO ALOISE Libertad

recensione
Tredici le tracce del disco; tutte di pregevolissima fattura tecnico/compositiva e tutte a rivelare un innegabile fascino acustico… merito anche del sound della Godin Multiac Grand Concert SA e della Takamine TH-90 a cui il maestro cosentino si è affidato in studio di registrazione.
Aloise sa esattamente come far cantare legni e corde, ne ha la padronanza assoluta. Ed è così che mentre accarezza le corde, le strattona con forza e le pizzica, lo sentiamo dialogare con le sue chitarre fra i sapori più disparati. In Libertad, le chitarre si fanno naturale prolungamento dell’esecutore; ogni ingranaggio di questa opera solista funziona senza intoppi ed il fruitore ne ricava un godimento...
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profondo. Musicalità, cascate di ritmi e fraseggi fluidi, dispiegano le vele e prendono il largo in un mare che l’autore conosce bene. Insomma, questo è proprio il caso in cui il linguaggio della musica, dei suoni e delle variegate nuance, vanno oltre le parole e gli elogi.
Libertad si configura come una splendida lettera sonora di tredici paragrafi, ciascuno dedicato a persone care all’autore, tra cui la moglie Maria Carmela, la figlia Chiara, i maestri (e modelli di riferimento di una vita) Christian Saggese, Mario Gangi, Sylvain Luc, Pietro Condorelli, Lucio Matarazzo, Roland Dyens, Virginio Aiello. Unica eccezione sono le due tracce conclusive, entrambe nate in piena pandemia e ad essa ispirate.
Per chi scrive, uno dei momenti topici del lavoro è Streets Of Harlem, brano dal travolgente incedere bluesy con un arrangiamento peculiare; un compiuto omaggio a una tradizione afroamericana che, tra le mani di Aloise, assume la cifra autorale dei grandi interpreti, elargita con generosità attraverso il proprio bagaglio ed esperienza.
Un analogo trasporto misto ad estasi prende il sopravvento poco più avanti con l’aerea sobrietà di Dance In The Woods. Chiudete gli occhi e abbandonatevi alla scia densa e invisibile dei suoni… vi troverete a danzare tra i boschi [woods] evocati dal titolo del brano. Leggeri, liberi, in volo.
Ma non è tutto. Aspettate di giungere alla nona traccia, Fiesta, e chiedetevi se sia davvero così necessario tornare con i piedi per terra. In fondo, tra le nuvole e i sogni di Libertad –
in quel cielo di note ricamate dal tocco vellutato di Bruno Aloise – vi starete già sentendo meravigliosamente a casa…
Umberto Poli
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