AMORPHIS

di Patrizia Marinelli
02 marzo 2022

recensione

AMORPHIS
Halo
Atomic Fire Records
Si intitola Halo il nuovo album degli Amorphis, ed è il terzo di una sorta di trilogia iniziata con Under The Red Cloud nel 2015, seguito da Queen Of Time nel 2018.

Realizzato sotto la guida di Jens Bogren (produttore di Opeth, Sepultura, Dimmu Borgir, Devin Townsend, James LaBrie, Soilwork, Haken, Powerwolf…), così come le due produzioni precedenti, Halo segna un cambio di passo della band finlandese. Questa volta l’atmosfera generale cambia: spogliata, per così dire, delle orchestrazioni più pompose dei due album precedenti, pone in primo piano la coesa espressione interpretativa della lineup; più precisamente, Esa Holopainen e Tomi Koivusaari (chitarra), Tomi Joutsen (voce), Olli-Pekka Laine (basso), Jan Rechberger (batteria) e Santeri Kallio (tastiere).

Passati attraverso il death metal, doom e power metal degli esordi di The Karelian Isthmus (1992) per approdare al melodic metal degli anni recenti, gli Amorphis aggiungono ora i sapori più diversi in arrivo dal prog metal e coronando il progetto con l’ausilio di interventi esterni; Petronella Nettermalm (nota vocalist finlandese) nelle vesti di special guest, nonché Francesco Ferrini e Francesco Paoli dei Fleshgod Apocalypse (arrangiamenti) e Pekka Kainulainen (songwriter).

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aprire la tracklist: ritmica power dominata da una possente linea di basso, ed un assolo di tastiere in odor di anni Settanta supportato dalla coesione della band. Segue On The Dark Waters col suo groove trascinante ed una fragile melodia in contrasto con i riff di chitarra e i repentini cambi di tempo.
Se in The Moon affiorano tratti del prog metal sposati a sapori più leggeri, nel successivo Windmane è il fraseggio di chitarra e keyboard a farla da padrona; dal canto suo, A New Land rilancia l’attitudine degli Amorphis per il melodic metal, questa volta con il supporto della voce della Nettermalm.

In When The Gods Came i sei musicisti finlandesi si lanciano tra i meandri di un power metal condito con tinte melodiche, un fluido chorus delle tastiere, effetti e pause repentine; segue Seven Roads Come Together, uno degli episodi più heavy della scaletta, con il growl di Joutsen e un pertinente arrangiamento a salire in cattedra.

Dopo la maestosità dei cori di War è la volta dell’electric-pop di Halo, il brano che dà il titolo all’album in questione, condito dalla voce femminile e da un’atmosfera nell’insieme più lieve; dopodiché torna il prog metal, questa volta con The Wolf caratterizzato da sezione strumentale di ampio respiro. My Name Is Night, una ballad governata dal relax e dalla voce della Nettermalm, va a chiudere la tracklist.

Con gli innesti di mood diversi, Halo conferma gli Amorphis tra gli interpreti del melodic metal, ma capaci di guardare oltre la linea dell’orizzonte.

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