THE STEEL WOODS On Your Time

di Francesco Sicheri
01 dicembre 2023

recensione

THE STEEL WOODS
On Your Time
Thirty Tigers
Thirty Tigers Dopo il 2021 tutto sembrava segnato per i The Steel Woods. La scomparsa del cofondatore Rowdy Cope ha messo i restanti membri del gruppo nella condizione di decidere se chiudere la serranda definitivamente, oppure se trovare un modo per proseguire. Wes Bayliss ed il resto della band hanno optato per la seconda opzione, provando a tenere alta la bandiera di quell’outlaw rock che li ha contraddistinti fin dal primo album. Un compito non facile, questo è certo, soprattutto perché Jason “Rowdy” Cope era una vero e proprio eroe per i fan di country e southern rock, ma - come il nome suggerisce - i The Steel Woods hanno una tempra d’acciaio, e On Your Time è qui per dimostrarlo.

Dieci tracce che non vanno a toccare nessuno degli elementi già visti nei precedenti tre album della band, ma che invece provano a consolidare ulteriormente quella formula country/southern rock che fino ad oggi ha convinto in molti. Per On Your Time la band ha riportato in vita dai morti la storia ed il personaggio di Uncle Lloyd, introdotti per la prima volta nel 2017 con l’album ...

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Straw in the Wind . Un personaggio dall’animo turbato, Uncle Lloyd, nel quale - alla luce della scomparsa di Cope - è facile vedere un collegamento al compianto co-fondatore del gruppo, ma la cui natura non è dichiaratamente collegata alle recenti vicende del gruppo.

Dal momento dell’annuncio ufficiale, On Your Time è circondato da un fitto alone di aspettative, che il gruppo e Wes Bayliss provano ad esorcizzare attraverso quello che per molti versi potrebbe essere visto come un vero e proprio concept. Fra allegorie profonde, riflessioni sull’eterna convergenza fra vita e morte, e brani che celebrano le piccole, e semplici. gioie della quotidianità, gli stereotipi principali del genere vengono rispettati tutti, dal primo all’ultimo... Ma quello che emerge da On Your Time è soprattutto la dedizione e la qualità con la quale ogni brano arriva all’orecchio.

Si tratta di un album profondo, e non potrebbe essere altrimenti, ma nel mezzo di quello che assomiglia molto ad un monumento alla dipartita di Rowdy Cope, i The Steel Woods sanno bene come, e quando, tornare a calcare la mano su riff potenti, come in Famine Fortune , oppure su temi armonizzati fra chitarre e lap steel, come in Cut The Grass. Il nuovo album non prova neanche per un istante ad essere meno di ciò che si pretende da una band country/outlaw. E quindi armoniche ispirate, e arpeggi di grande pathos, accompagnano storie di perdizione, di amore per la vita, di accettazione della morte, e - ovviamente - di cieli azzurri pronti a stemperare i fardelli dell’umanità.

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