SABATON The War to End All Wars

recensione
Ebbene, se The Great War ha raggiunto il Numero Uno delle classifiche svedesi e teutoniche, il nuovo The War To End All Wars (uscito lo scorso marzo 2022) pare inseguire lo stesso destino, considerate le reazioni e l’accoglienza dei fan.
Anche sotto il profilo più meramente musicale,...
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il nuovo album dei Sabaton pare ribadire il consueto format: sebbene la struttura dei brani sia a tratti più solida ed efficace, la semplicità della produzione e il modo di porsi, schietto e grezzo, della band restano invariati… con tanto di apprezzamento della fan-base.
Joakim Brodén (voce e tastiere), Chris Roland (chitarra), Pär Sundström (basso), Hannes Van Dahl (batteria) e Tommy Johansson (chitarra), aprono il nuovo album con Sarajevo, ed è una partenza in quarta. Narrando di quel luogo e di quegli avvenimenti che portarono allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si tratta di un tipico brano à-la Sabaton, stemperato però da una sezione strumentale di lunga durata e con un alone cinematografico a fare da contorno. Durata complessiva, 4:37.
Segue Stormtroopers, con un riff orecchiabile e la voce di Brodén che sfoggia i suoi registri, dopodiché arriva Dreadnought, con certe influenze anni Ottanta e un ritmo super-serrato, a cui fa seguito The Unkillable Soldier, storia di Adrian Carton de Wiart, il soldato che in 60 anni ha combattuto in ben tre conflitti (!)
Soldier Of Heaven è una ballad che narra dell’eroismo di chi combatte sul campo, mentre Hellfighters è dedicata al 369esimo battaglione afro-americano e alle sue gesta, narrata dalla voce baritonale di Brod é n e da un velocissimo beat in pura tradizione trash metal: il tutto, guarnito da un buon assolo di chitarra.
Segue Race To The Sea, sorta di marcia in stile heavy metal, che racconta la battaglia di Re Alberto I del Belgio ad Yser.
Anticipata da Lady Of The Dark, ottava traccia del disco in questione, The Valley Of Death, con la sua melodia e l’inevitabile assolo finale di chitarra, consegna un sapore fresco e agile, prima di lasciare spazio alla successiva Christian Truce, con la voce che si contrappone ad una imponente orchestrazione e l’intervento del suono di pianoforte a creare una indubbia atmosfera. (Sulla base di un accattivante coro gospel dal clima natalizio, la song narra di quella che venne definita tregua-di-Natale, il singolare momento del 1914 in cui i soldati britannici e quelli tedeschi uscirono per pochi minuti dalle loro trincee per scambiarsi regali e dolci).
Chiude la nostalgica Versailles, dopodiché la reprise di Sarajevo: come in un loop senza fine, “The war will never entirely die. And war will return” [La guerra non morirà mai interamente. E la guerra tornerà”] Parole purtroppo azzeccate e mai così attuali come in questo momento…
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