AD INFINITUM Chapter II: Legacy

recensione
Sulla stessa scia di Nightwish o Within Temptation, là dove è la figura femminile a dominare, gli Ad Infinitum si distinguono per energia e vivacità e per la capacità di mescolare certi elementi del metal con atmosfere fantasy, mantenendo le composizioni su certi livelli di fluidità. Sono proprio questi gli ingredienti di base di Chapter II: Legacy, produzione di alto livello della...
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stessa band, con le orchestrazioni di Elias Holmlid (Dragonland) e la guida di Jacob Hansen (Volbeat, Epica…) impegnato nelle fasi di registrazione, mixing e mastering.
Album ispirato alla leggenda del Conte Dracula, che trasporta pertanto la band di Montreux (Svizzera) in atmosfere misteriose e sfuggenti, Chapter II: Legacy parte con il piede sull’acceleratore con Reinvented, un brano dall’inizio evocativo che poi lascia il campo alla sferzante ed aggressiva voce di una Bonny, in grado di passare con nonchalance dai registri da soprano al growl.
Seguono Unstoppable e Inferno, tra gli episodi del disco che meglio evidenziano Adrian Theßenvitz e i suoi con riff metal controllati e potenti. (Non è un caso che Unstoppable sia stato scelto come singolo apripista dell’album in questione e che abbia funzionato davvero bene...)
Ulteriore brano coinvolgente e ficcante è Your Enemy, là dove l’atmosfera di un heavy metal di stampo moderno va a fondersi con orchestrazioni epiche e con la forza dirompente della voce della Bonny, la quale, nel successivo Afterlife, si misura in un irresistibile duetto con Nils Molin (Amaranthe, Dynazty).
Giusto il tempo per rilassarsi con Soft, che poi arriva il vigore di Animals, una ballad dall’atmosfera cinematic, ricca di spunti più o meno originali.
Pur se con sound decisamente aspro, Into The Night sfodera una melodia accattivante, quasi convergendo verso miti mood di stampo pop, poi è la la volta di Son Of Wallachia, una ballad a riprova della passione degli Ad Infinitum per il power metal e per il rock sinfonico.
My Justice, Your Pain guarda al metalcore, mentre Haunted si dirigerebbe addirittura verso i lidi pop, se non fosse per la chitarra tagliente di Theßenvitz, qui in piena sintonia con il drumming martellante di Niklas Müller e la pulsante linea di basso di Korbinian Benedict. Chiude Lullaby , che mescola heavy-beats con la suadente interpretazione della Bonny.
Un album in bilico tra easy listening e hard rock, in cui la band elvetica, e in particolare Melissa Bonny, pare ancora essere indecisa tra la voglia di bazzicare la pur affollata scena del power metal al femminile, e quella di scalare le classifiche di vendita internazionali.
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