STEVE CROPPER "Friendlytown"
recensione
Fatte le dovute premesse, passiamo ai brani di Friendlytown. C’è qualche cameo di gran pregio – come quello di Sir Brian May, alla voce solista e alla chitarra, e del country rocker Tim Montana – e non mancano le strizzatine d’occhio ai tempi che furono nel singolo Too Much Stress, dove si ricalca (o si omaggia?) nientemeno che l’intramontabile She Caught The Katy, scritta da Taj Mahal e perla assoluta della colonna sonora del primo, mitico Blues Brothers (1980) di John Landis. Ma il rock blues...
l'articolo continua...
di Cropper & Co. spazia e ingloba con piglio sicuro anche altre influenze. Un pizzico di Fleetwood Mac (quelli di Rumors, attenzione...) in Lay It On Down, ad esempio, ed una piccante spolverata di ZZ Top per insaporire il tutto, come testimonia la titletrack, che non avrebbe sfigurato come outtake di Degüello (1979), uno dei caposaldi del celebre trio texano; se poi scorriamo con l’occhio i credits dell’album, non stupisce che lo stesso Billy F. Gibbons sia presente in veste di illustre ospite ad impreziosire con il suo tocco inconfondibile Friendlytown nella sua interezza. La cosa si sente, convince e… ci piace!
Nulla dell’album in questione può essere definito originale o nuovo: in fondo, però, a chi importa? Ogni nota, ogni passaggio, ogni brano, sembrano essere suonati da ragazzini tarantolati, ebbri di blues, carichi di una passione che definire viscerale suonerebbe riduttivo. Avercene di musicisti di tal fatta, e di gruppi tanto personali nel tocco e dinamici nell’intavolare il proprio decennale mestiere da non dare mai l’impressione di suonare in modo piatto, annoiato o anonimo.
La Telecaster del leader, Cropper naturalmente, macina ritmiche con una precisione e un groove inimitabili, ed è un piacere lasciarsi trasportare da una produzione così sorprendentemente fresca, dinamica e bella. Se nella musica l’età non conta, lo sappiamo fin troppo bene, è comunque meraviglioso ritrovarsi a gioire di dischi che, proprio come Friendlytown, riescono ancora ad elettrizzarci dalla testa ai piedi, mostrandoci che non si smette mai di imparare dai grandi maestri del passato. Un ultimo avvertimento, questa volta in lingua originale: if your booty is not shaking in the first two bars of this album you’re already dead in a chair! Parola di Steve “The Colonel” Cropper.
Leggi anche
Podcast
Album del mese
Walter Trout
Sign Of The Times
Provogue Records
Walter Trout, decano del blues, è ancora in pista. A distanza di un anno dall’incandescente Broken (2024), l’artista statunitense (classe 1951) sente infatti l’esigenza di...
Nobis & Gualdi
Echos De Bazar
Bluebelldisc Music
Otto tracce costituiscono l’ossatura di Echos De Bazar, a cui si aggiungono tre brevi interludi concepiti dai due autori con l’idea di evocare tre precisi...
Andrea Quartarone
Melody Science
Volonté & Co Editore
Il body di una chitarra elettrica, abbinato ai filamenti del dna umano al posto del manico, costituisce l’originale grafica della copertina di Melody Science, il...