NICOLA MINGO "My Sixties In Jazz"

di Andrea Martini
24 novembre 2023

recensione

Nicola Mingo
My Sixties In Jazz
Alfa Music/Egea
“My Sixties In Jazz” vuole essere, a partire dal titolo, un omaggio ai miei 60 anni di jazz in senso autobiografico e, come indica il gioco di parole, agli anni Sessanta che hanno prodotto fenomeni musicali come l’hard bop, Art Blakey & Jazz Messengers, e tutte le derivazioni chitarristiche come Grant Green, Wes Montgomery, Kenny Burrell, Barney Kessel, Tal Farlow, Joe Pass, Pat Martino, George Benson, i miei punti di riferimento stilistici. Questo progetto vuol essere un contributo personale, moderno ed innovativo al linguaggio del bebop e al suo fraseggio, nato con Charlie Parker e Dizzy Gillespie e ulteriormente sviluppatosi in una continua evoluzione fino ad approdare alla nostra contemporaneità. Di qui la mia idea compositiva di brani originali e di rivisitazione di alcuni brani rappresentativi dell’hard bop. Hanno contribuito alla perfetta riuscita del progetto una ritmica storica del jazz italiano, Pietro Iodice alla batteria e Pietro Ciancaglini al contrabbasso ed il giovane e talentuoso Francesco Marziani al piano…”
E’ con queste parole che Nicola Mingo presenta il suo nuovo album: 12 tracce capaci di restituire il suo coinvolgente jazz-feeling, il suo gusto per lo swing capace di lambire i territori del blues, la sua padronanza con la chitarra...

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(una Gibson L5) e l’attitudine al dialogo coeso con i suoi illustri compagni di viaggio.

Il disco accoglie brani dello stesso Mingo, capaci di disegnare e di ribadire la cifra chitarristica e quel peculiare linguaggio per cui egli è così noto, ma dedica spazio anche rivisitazioni di sontuosi capitoli del jazz – “Two Of A Kind” di Terence Blanchard (Jazz Messengers), “One By One” di Wayne Shorter, “This Masquerade” di Leon Russell e “Confirmation” di Charlie Parker – là dove i fraseggi e gli assoli del celebre chitarrista napoletano ordiscono peculiari texture senza snaturarne il sapore e la direzione.

Se “Bopping” (struttura AABA, 32 misure) rivela sin dal titolo un incedere nella migliore tradizione dell’hard bop, “D Modern Blues” è un omaggio allo swing di Wes Montgomery. E ancora: “Neapolitan Blues” omaggia il sound napoletano coniugando melodia e blues in una tipica struttura di 12 misure, mentre “My Guitar Solo” coniuga lo stile polifonico di Joe Pass con canto, basso e armonia. Ma sono soltanto alcuni dei brani di Nicola Mingo all’interno del disco: esempi della sua capacità di impiegare come input certi scorci del jazz della tradizione, a beneficio di una esplorazione che ne travalica i confini.

Le note di copertina di Maurizio Franco forniscono indizi aggiuntivi: “In quanto alle sue composizioni [di Nicola Mingo] riflettono la ricerca di uno sguardo sereno, seppur appassionato, a un mondo stilisticamente importante ma da considerare come uno spunto, uno stimolo, una fonte di idee da riportare alla concezione e al modo di sentire di oggi. La chitarra di Mingo privilegia un suono caldo che può persino ricordare Wes Montgomery, complice l’uso sporadico di qualche frase a “ottave”, oltre a ricorrere costantemente a quella cellula blues che sta alla base di questa musica. In sostanza […] uno dei possibili esempi di un neoclassicismo jazzistico ancora tutto da teorizzare.”




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