Maximum Swing WES MONTGOMERY & WYNTON KELLY TRIO
“Maximum Swing” – package
Versione 3LP (gr 180) – 17 brani masterizzati da Matthew Lutthans – Versioni 2CD e digitale – Completano il package i contributi di Bill Milkowski, l’illustre giornalista jazz newyorkese, di Ron Carter e Herbie Hancock che hanno suonato con Montgomery agli inizi della sua carriera, nonché di Bill Frisell, Mike Stern e Marcus Miller. Oltre a una inedita raccolta di foto di Raymond Ross scattate allora all’Half Note Club di New York – www.resonancerecords.org
Wes Montgomery si è affiancato parecchie volte al Wynton Kelly Trio – ovvero, lo stesso Kelly al pianoforte, Paul Chambers al contrabbasso e Jimmy Cobb alla batteria (ovvero ancora, la poderosa sezione ritmica accanto a Miles Davis dal 1959 al 1963), registrando i suoi primi album su etichetta Riverside (incluso...
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il primo, Full House del 1962) e suonando nel circuito di festival e live club.
Nel giugno del 1965 Montgomery e il Kelly Trio sono sul palco dell’Half Note Club di Manhattan (New York) per un set di cinque brani; soltanto due vengono registrati (No Blues e If You Could See Me Now), mentre gli altri tre brani (Unit 7, Four On Six e What’s New?) veri e propri jazz standard, verranno risuonati e registrati a settembre ai Van Gelder Studios (New Jersey) sotto la guida del produttore Creed Taylor. Questi cinque brani costituiranno l’ossatura dell’album live/studio che viene titolato Smokin’ At The Half Note, uscito nel novembre 1965 per Verve Records, un vero e proprio monumento jazz. “Montgomery suona con un drive pazzesco e una naturalezza estrema, supportato passo dopo passo da un Wynton Kelly Trio davvero fumante [smokin’]!”
E ancora: “un jazz in cui il suo impatto [di Wes] si avverte potentemente…” L’evidenza dei fatti lo dimostra, il giudizio della stampa verso l’album è unanime.
Le dinamiche sono il fulcro dell’incredibile guitar playing di Montgomery; il suo swing, il suo thumb-picking e il suo suono diventano un modello di riferimento per generazioni di chitarristi a venire e George Benson, Pat Martino, Lee Ritenour, John Abercrombie, John Scofield, Pat Metheny, Bill Frisell, Mike Stern giusto per fare nomi, ne saranno marcatamente influenzati. Nel 2005 lo stesso Metheny dichiarerà: L’assolo di Wes in If You Could See Me Now è il mio preferito di sempre. Smokin’ At The Half Note è il più grandioso album di jazz mai pubblicato, ed è proprio quello che mi ha insegnato come suonare!”
Nel 1998 Verve Records pubblica Wes Montgomery, The Verve Jazz Side, Vol 2 ma con i brani in ordine sparso e alcuni tagli cruciali: i primi cinque brani sono quelli dello show di New York del giugno 1965, mentre i successivi sei sono tratti da Willow Weep For Me, l’album di Montgomery del 1965 (pubblicato nel 1968, dopo la sua scomparsa) e privo degli arrangiamenti degli archi.
Maximum Swing cattura le performance di Montgomery e il Kelly Trio all’Half Note Club ma, a differenza del precedente album Smokin’ At The Half Note , qui trovano posto 17 brani suonati nelle serate del 24 settembre, 5 novembre e 19 novembre 1965, ed una lineup – Wes Montgomery (chitarra), Wynton Kelly (piano) e Jimmy Cobb (batteria) – in cui sono Paul Chambers, Larry Ridley, Ron Carter ed Herman Wright ad alternarsi al contrabbasso.
Un album live al 100%! dichiara Zev Feldman (produttore, titolare di Resonance Records e “Jazz Detective” come viene soprannominato dalla critica di DownBeat) – senza ombra di dubbio, qui la musica restituisce tutto lo swing di Wes, così elastico e rilassato, quella verve… In origine, gran parte di quelle registrazioni erano destinate al programma radiofonico di Alan Grant per la WABC-FM Radio, “Portraits In Jazz”, e ci puoi sentire gli assoli dilatati di Wes, quei suoi fraseggi ispirati e tutto quel che non era mai stato registrato prima. Insomma, si tratta di un album che regala la vibrante esperienza di ascoltare Wes sul palco in quel periodo!
Scrive Bill Milkowski nelle note che accompagnano Maximum Swing: “Wes ha un senso rilassato del ritmo e del tempo, le sue intuizioni armoniche e melodiche sono semplicemente fenomenali e persino esilaranti in quei fumosi live all’Half Club, là dove Alan Grant nelle vesti di maestro di cerimonie coinvolge la grandiosa chitarra di Wes in scambi di battute che precedono i brani del set, miscelate al suono dei bicchieri che brindano, agli applausi e al pathos che si respira in quelle serate…”
Anche Herbie Hancock appare tra i contributi a corredo di Maximum Swing: “Quando Wes suonava sul palco pareva tornare a quel jazz dritto-in-faccia con cui aveva iniziato, ricercando il giusto balance tra la tecnica e le armonizzazioni più sosfisticate, e lasciando che il suo swing così rilassato ed arioso contagiasse tutto e tutti. Wynton Kelly era il suo partner perfetto...”
“La musica di Wes è così accessibile…” – dichiara Bill Frisell – “E’ così piena di gioia ma anche così profonda che ci entri dentro. Non riesci a descriverla davvero ma provi stupore, ne sei meravigliato. Qualcosa che mi ha ispirato parecchio…”
Foto di Lee Tanner
Anche Mike Stern parla di Maximum Swing: “Adoro quelle performance che ti fanno ascoltare un Wes così disteso. Questa cosa non è stata totalmente catturata dai suoi dischi in studio e nemmeno da quei live finiti poi su Smokin’ ed è incredibile come lui riesca a mantenere alta la tua attenzione, la tua sorpresa. Wes costruisce ogni singolo assolo. In un certo modo le sue ballad sono nello stesso magnifico posto. Forse non l’ha suonato a lungo, ma quando si è trattato di blues o di swingare su qualcosa, ecco che brani come “All The Thing You Are” li ha fatti a pezzi. Questo è un disco che ti stende!”
Aggiunge Marcus Miller: “Certo, tutti dicono di quanto il suo playing fosse gioioso ed è così. Anche il modo in cui swingava era gioioso. Ho sempre sentito una particolare connessione con Wes anche per via del suo background R&B… lui, peraltro, ha suonato diverse hit dell’R&B. Ha sempre trovato il modo di mettere lo spirito blues nella sua musica e ha sempre fatto in modo che swingasse realmente…”
“Il lavoro fatto dalla Resonance Records mi gratifica personalmente, certo, ma la cosa più importante è che ci ha concesso di lavorare in punta di piedi con la monumentale statura di Wes Montgomery che si pone nella storia del jazz in generale e della chitarra jazz in particolare. Non posso che tributare la massima importanza a tale eredità…” – chiosa Zev Feldman.
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