KELLER WILLIAMS Grit

di Umberto Poli
05 ottobre 2022

recensione

KELLER WILLIAMS
Grit
Freeky Disc
Keller & The Keels, More Than a Little, Grateful Grass, Grateful Gospel, Kwahtro e molti, molti altri. Questi sono solamente alcuni dei progetti in cui è coinvolto l’americano Keller Williams, virtuoso e versatile chitarrista acustico anche conosciuto in patria come “one-man jam-band”. Il musicista della Virginia, però, tra le altre cose è anche un eccellente songwriter, un performer ammaliante (memorabili i suoi show con loop station), un artista poliedrico la cui musica - soprattutto dal vivo, che si trovi sul palco da solo o in duo, trio, full band - mette in risalto una brillante miscela di folk, rock, bluegrass, elettronica, reggae, jazz. Testimonianza recente di questo talento vulcanico si chiama Grit ed è l’ultima fatica in studio di Williams: un compendio sonoro che - fin dalla copertina - pone l’accento sulla solarità del chitarrista, sulla sua vitalità, sulla leggerezza che le sue composizioni sono in grado di trasmettere, nota dopo nota, ascolto dopo ascolto.

La chitarra acustica, regina indiscussa dell’album, talvolta si mette al servizio dei brani accompagnando voce, cori e melodie (che, soprattutto per quel riguarda i ritornelli, portano immaginazione e orecchie dritte tra i solchi della West Coast dei primissimi...

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anni Settanta) come nell’iniziale The Ocular Invalid, a cavallo tra Widespread Panic e Phish, o nel singolo Warranty; talvolta invece ruba completamente la scena agli altri strumenti martellando come un ensemble di percussioni (Creepy Laugh) o delineando sinuosi tracciati armonici (Hedges). Nel disco, Williams - che, oltre a cantare e a suonare la chitarra, si cimenta anche con basso, tastiere, vibrafono e percussioni - si avvale della collaborazione di Jeff Covert alla batteria, Eddie Dickerson al violino, Lowell Sale al banjo, Jay Starling al dobro, Jim Byram alla pedal steel. E, inutile dirlo, tutto funziona a meraviglia.

In fondo, ammettiamolo. Quando Keller Williams stringe tra le mani una delle sue Martin (HD-28 o D-35), c’è di che restar rapiti, letteralmente a bocca aperta. Grit - registrato nel corso del 2021 e dedicato alle peripezie della vita on the road - lo dimostra appieno e conferma, dalla prima all’ultima traccia, quanto scritto finora: non ci resta dunque che cogliere al volo l’occasione per approfondire la conoscenza di questo “gigante” d’oltreoceano, di questo maestro indiscusso dello strumento che tanto amiamo e che, concertisti come lui, possono senza dubbio alcuno innalzare verso cime sempre più ardite, impervie, ancora in larga misura da esplorare.

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