Popa Chubby "Two Dogs"

di Dario Guardino
25 novembre 2017

recensione

Popa Chubby
Two Dogs
Imports Records
Popa Chubby, si sa, è un artista molto conosciuto tra gli appassionati del blues.
Nato Ted Horowitz (classe 1960), si affaccia sulle scene nel lontano 1991 con il suo primo album che titola “It’s Chubby Time” e che riscuote subito successo. (Tanto che sia esso che il successivo album verranno ristampati da importanti major).
Da quel momento è un susseguirsi vorace di uscite discografiche (sia in studio che live), là dove Chubby mostra in maniera prepotente la passione per i suoi miti chitarristici: da Hendrix ai più classici Dixon e Wolf.
[Chubby non ha mai nascosto i propri trascorsi metal/punk quando, ancora studente, suona la batteria (e la chitarra) nelle band della scuola. Interessante la descrizione che Chubby fa di se stesso: “uno strano incrocio là dove gli Stooges incontrano Buddy Guy, i Motorhead impattano in Muddy Waters e Jimi Hendrix si imbatte in Robert Johnson!” Avvincente, senza dubbio...] Ma veniamo alla sua ultima release, “Two Dogs”, che comprende 11 tracce più 2 bonus tracks.

Apre le danze “It’s Allright”, brano dalle influenze Sixty, specialmente nell’arrangiamento. Dal canto suo, “Rescue Me” porta alla ribalta il Chubby vulcanico che tutti conosciamo bene: rock blues basico, tre-accordi-tre, ripetuti all’infinito col...

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classico tiro da bluesman indiavolato.
“Preexsting Conditions” si distingue per l’ottimo lavoro della sezione ritmica, il trampolino di lancio per le svisate di Chubby, e poi è la volta del minor blues con “Sam Lay’s Pistol”, brano dalla struttura più standard dei precedenti.

La titletrack viene introdotta da un breve riff di wha: ipnotica quanto basta, pur se non colpisce così tanto in quanto a inventiva del songwriting. “Dirty Old Blues” ci risveglia dal torpore. Si tratta di un brano godibile, perfetto per essere inserito in un contesto live, nel quale Chubby non cede di un millimetro alla incalzante sezione ritmica. “Shakedown” mostra il lato aggressivo di Chubby, tanto nel cantato, quanto nella performance chitarristica. Chubby, si sa, non è un chitarrista che fa della ricercatezza del fraseggio il suo forte. Un fraseggio che, pur se a base di pentatoniche salvo rare eccezioni, risulta vincente per il tiro e il giusto balance tra grinta e gusto.

“Wound Hound Getting High” mette in mostra il lato più romantico di Chubby: una ballad acustica che spezza il ritmo sinora indiavolato dell’album ed in cui l’artista newyorkese risulta convincente pur se in abiti differenti rispetto alle tracce precedenti. Arriva quindi “Cayophus Dupree”, che è un seducente minor blues in cui la Strato di Chubby si inerpica (molto) in alto… verso cime decisamente espressive e sonore. Nulla di nuovo a livello di sound: Strato e Screamer pedal restano un connubio ormai consolidato…

La penultima traccia è “Me Won’t Back Down” che ripete all’inverosimile il riff che funge da trave portante per la stessa song. Chiude “Chubby’s Boogie”, un incalzante boogie (come suggerisce il titolo) il cui tema principale viene doppiato una terza sopra da Chubby.

Le due bonus tracks sono dei classici: “Sympathy For The Devil” ed “Hallelujah”, che Chubby esegue con maestria e devozione.
In conclusione, possiamo dire che “Two Dogs” è un buon album, in grado di mostrare un Popa Chubby in tutte le sue sfaccettature.


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