Federico Franciosi Into The Wild Session

di Katia Dell’Eva
10 giugno 2017

recensione

Federico Franciosi
Into The Wild Session
Autoproduzione
È un album che vuole omaggiare le proprie origini musicali e i propri maestri, il quarto LP di Ciosi (nome d’arte per Federico Franciosi), Into The Wild Session. Niente a che fare con il romanzo di Krakauer o con il film di Sean Penn: le terre selvagge ed estreme non avrebbero qui nessuna connessione con viaggi all’insegna dell’anticonformismo e dell’anticapitalismo, rimandando piuttosto tanto a quell’Oltreoceano patria della tradizione blues, bluegrass, folk e jazz a cui l’autore si rifà, quanto alla natura incontaminata, simbolo per eccellenza di contemplazione e introspezione. Su queste basi, dunque, Ciosi dà vita a nove cover che, inchinandosi con rispetto ai pezzi originali, li rivisitano, in una chiave spesso più melodica e “sentimentale”. Ad aiutare il chitarrista italiano nella sua opera di personalizzazione della tradizione, la sua chitarra acustica 1934D Mahogany Santa Cruz.

Apre il disco una Sitting On The Top Of The World che, rispetto alla versione di Walter Vinson da cui prende le mosse, si presenta più libera dalle sonorità country, per farsi piuttosto una vera e propria ballata blues, dal ritmo introspettivo e di maggior respiro. Con la stessa chiave blues vengono interpretate – tra le altre tracce -...

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anche Corinne Corinna (passata tra le mani di Bo Carter e Big Joe Turner), dove il riff alla base del brano viene rivestito di colori più vicini al mondo jazz, e Wheeling di David Grier, in cui l’armonia originale viene scarnificata, liberata dagli orpelli più propriamente folk, per darle un taglio interiore ed emotivo. Meno originali, in conseguenza di questo progetto di “riverniciatura” blues, le cover di quei brani già ascrivibili alla tradizione del genere, come Blue Monk e Chesapeake Bay, di cui – purtroppo - Ciosi si limita ad essere quasi un semplice esecutore. Brano controcorrente, rispetto alle intenzioni dell’album, risulta infine You Are My Sunshine, eseguito in omaggio alla prima sua storia country.

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