RONNIE BAKER BROOKS Times Have Changed

di Francesco Sicheri
29 aprile 2017

recensione

Ronnie Baker Brooks
Times Have Changed
Provogue
Figlio del leggendario Lonnie “Guitar Jr.” Brooks, Ronnie Baker Brooks è uno di quelli che fanno sul serio: un chitarrista il cui albero genealogico affonda le radici nel cuore del blues di Chicago; uno che sulla via tracciata dai grandi è cresciuto ed ha compiuto i primi passi.

Times Have Changed è il primo album di Ronnie Baker Brooks in più di dieci anni a questa parte, e rappresenta quindi un appuntamento imperdibile per i tanti appassionati del blues chitarristico più puro. Proprio la “purezza” è il concetto su cui si basa prepotentemente il nuovo lavoro del bluesman di Chicago, che per l’occasione si è circondato di celebri figure del circuito, cercando di riportare l’attenzione sulle note fondamentali.

Questo è il motivo per cui nella lineup vi sono Steve Cropper (Booker. T, Otis Redding, Sam & Dave), Archie Turner (Al Green, Sly Johnson), Lannie McMillan e Angie Stone. Steve Jordan ha seguito la produzione del disco ed è il responsabile del ritorno della band a condizioni il più vicine possibili a quelle che hanno fatto la fortuna dei grandi del genere.

Dunque, microfoni tipo quelli utilizzati da Al Green, band composta da elementi che hanno messo la...

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firma su una buona fetta del repertorio R&B, ed infine l’inamovibile regola imposta al leader di non inficiare il suo suono con alcun effetto o pedale. In buona sostanza, ogni suono di chitarra presente nell’album viene dalla saturazione delle valvole degli amplificatori, mentre il playing di Ronnie fende il mix inarrestabile in tutta la sua potenza, spinto da un’anima che non fa prigionieri, alimentata dall’impeto di un’eredità fondata su cicatrici profonde.

Nella scaletta il classico e il moderno si alternano immergendosi in una placenta soul, là dove il twang genuino di un brano come Show Me, si mescola a tracce arricchite da contaminazioni varie (come quella del rapper Al Kapone).

Quello di Ronnie Baker Brooks è un blues contemporaneo, capace di guardare al passato senza aver paura di osare, e per questo incapace di perdere. I conservatori si astengano, ma tutti quelli che hanno voglia di buona musica si facciano avanti senza timori: questo album non saprà come deluderli...

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