Jeff Beck "Loud Hailer"

di Francesco Sicheri
15 luglio 2016

recensione

Jeff Beck
Loud Hailer
Rhino Records
Nella schiera di chitarristi inglesi che hanno fatto la storia del rock, Jeff Beck può vantare un titolo che pochi altri suoi coetanei si sono guadagnati. Settantadue anni sulle spalle, venti album in studio dal 1965 ad oggi, contando la carriera solista ed il periodo Yardbirds, tutti guidati da una sempre forte spinta rigeneratrice ad accompagnare ogni evoluzione discografica, Jeff Beck è probabilmente la miglior incarnazione del saper invecchiare continuando a mantenere altissimo il livello delle produzioni artistiche.

Loud Hailer, che esce oggi per Rhino Records, è la nuova manifestazione sonora del geniaccio che abita la mente e le dita di Beck, il quale, non pago di aver ormai ottenuto con grande merito un posto fra i più alti nella genealogia del rock, continua da qualche anno a tornare in studio di registrazione per dare vita a nuove proiezioni musicali della sua intricata personalità. Che Beck sia sempre stato un musicista alla ricerca di una continua evoluzione era cosa nota (basti anche solo pensare alla frequenza con cui le band che lo hanno accompagnato sono cambiate per poter soddisfare le sue necessità espressive), malgrado ciò con il passare del tempo sarebbe stato comunque lecito aspettarsi...

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un assestamento su canoni più consolidati: non è andata così.

Dopo il buonissimo Emotion & Commotion (2010), che in più di un brano lo ha mostrato affiancato da un’orchestra di 64 elementi intento a pescare da un repertorio così vasto da spaziare da Benjamin Britten, a Giacomo Puccini, fino a Dario Marianelli, oggi Beck torna per far sentire una voce completamente opposta al lirismo chitarristico del precedente capitolo. Fin dall'apertura di Revolution Will Be Televised, il nuovo album mette in mostra tutta la ruvidità, il fango e la complessa ridondanza di battimenti che le scelte armonico-sonore produrranno anche lungo le tracce a seguire, complice anche l'apporto della chitarrista Carmen Van Den Berg.

L’impatto è forte, a tratti frastornante, al punto da trovarsi subito catapultati in un castello di costruzioni elettriche che accatastano sonorità dirompenti, alternate di tanto in tanto a spiragli di pacata morbidezza soul-blues. Un esempio di quest’ultima deviazione è la splendida Shame, ballad in pieno stile “beckiano” che sfodera alcuni dei migliori momenti chitarristici del lotto e fa pieno sfoggio della carismatica voce di Rosie Bones. La scaletta è un susseguirsi di noise-blues dalle spire funk e dal carattere rock, capace di costruire un mondo auditivo da tratti apocalittici che vengono riverberati dai testi accusatori e politicamente orientati.

Loud Hailer non è un album strumentale pertanto, ma non si può certo far leva sulla bontà dei testi per poter dare un giudizio completamente entusiasta della produzione. Se infatti si volesse rintracciare qualcosa in grado di oscurare negativamente i pungenti affondi della produzione co-firmata da Beck e Filippo Cimatti, si potrebbe arrivare a scegliere soltanto i testi dei brani, spesso poco ispirati se non al limite dell’assurdo (come succede nel caso di The Ballad Of The Jersey Wives, nella quale, con un ritardo di quindici anni, prende piede una teoria di cospirazione riferita all’attentato dell’11 settembre 2001).

Cercando di tirare le somme non si può dire che Loud Hailer sia un album impeccabile, sicuramente qualche debolezza emerge qua e là nel corso della scaletta, così come alcune delle scelte sonore effettuate possono far storcere il naso ai fan di vecchia data, fatto quest'ultimo che non è da valutarsi esclusivamente come un male. Ciò che di buono questo album porta con sé però è un Beck in gran forma soprattutto per quanto riguarda il non fermarsi a contemplare quanto fatto in passato, ma anzi intento a guardare verso il futuro come ad una nuova sfida, anche quando ciò comporta il non ricevere unanime consenso.

Anche con un apparato testuale poco ispirato, talvolta al punto da minare la buona riuscita di un prodotto musicalmente molto più valido,Loud Hailer rappresenta comunque uno dei più riusciti e importanti (in quanto a caratura artistica) exploit chitarristici del 2016, e non a caso è il risultato del lavoro di una delle menti più eccentriche e poliedriche che la storia del rock abbia mai prodotto.

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