COCO MONTOYA Writing On The Wall
recensione
In quanto alla sua carriera da solista, Montoya esordisce con Gotta Mind To Travel (1995), seguito da Ya Think I’d Know Better (1996), Just Let Go (1997), Suspicion (2000), Can’t Look Back (2002), Dirty Deal (2007), I Want It All Back (2010), Song From The Road (2014), Hard Truth (2017), Coming In Hot (2019) e l’ultimo capitolo discografico del 2023, titolato Writing On The Wall.
Prodotto dal vincitore di Grammy Tony Braunagel (Bonnie Raitt, Taji Mahal) in tandem con Jeff Paris (Keb Mo, Bill Whiters), Writing On The Wall snocciola una manciata di tracce variegate e tutte pervase dello spirito blues dell’instancabile chitarrista e cantante californiano, classe 1951, supportato dalla sua band di lunga data – Jeff Paris (tastiere, pianoforte), Nathan Brown (basso)...
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e Rena Beavers (batteria) – e da un interplay coeso e papabile, traccia per traccia.
Apre le danze il minor blues di I Was Wrong e mette subito in chiaro le cose: in questo brano che parla con schiettezza dei rimpianti per un amore perduto, e che riecheggia All Your Love di Otis Rush ma in salsa Bluesbreaker, Montoya ruggisce come ai bei tempi con il suo playing passionale ed un suono di chitarra caldo e medioso, sicuramente tra quelli che distinguono la storia della chitarra blues. Come si diceva sopra, i variegati umori del blues animano l’album in questione ed infatti ecco la titletrack che vira nei lidi del boogie blues, il dinamico A Chip And A Chair che vira nel boogie woogie (impreziosito dalla slide guitar di Lee Roy Parnell in tandem con Montoya), ed una traccia come Baby, You’re A Drag (in tandem con Ronnie Baker Brooks) per uno shuffle blues da manuale. Writing On The Wall aggiunge alla scaletta appassionate rivisitazioni di alcuni gioiellini della storia del blues e Be Good To Yourself (di Andy Fraser dei Free), You Got Me Where You Want Me (di Bobby “Blue” Bland) e Stop (di Lonnie Mack) ne sono una tangibile testimonianza.
In conclusione, Writing On The Wall restituisce uno straordinario Coco Montoya e quello spirito blues che gli appartiene, autentico e suonato con rispetto. E questo è ciò che conta su tutto.
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