BLOOD YOUTH Beyond Repair

di Arturo Celsi
07 giugno 2017

recensione

BLOOD YOUTH
Beyond Repair
Rude Records
Nati dale ceneri dei Climates nel 2014, i Blood Youth arrivano al 2017 con Chris Pritchard alla chitarra, Sam Hallett alla batteria e Kaya Tarsus dietro al microfono; nato a Harrogate, in Inghilterra, il gruppo è impegnato in un hardcore energico e muscoloso, ma sempre attento alla buona dose di melodia. Il nuovo Beyond Repair, uscito di recente per Rude Records, giunge a un anno di distanza da Closure, e rappresenta a tutti gli effetti il primo long play della formazione dopo la pubblicazione di due ep. Composto di dieci tracce, il nuovo lavoro si apre su Making Waves, brano muscoloso, che dopo un’intro arrembante e dei primi versi scanditi dallo scream di Tarsus, si produce in sprazzi melodici che bilanciano il lato più pesante del lotto.

È questo il mood che percorre pressoché tutte le tracce in scaletta, e che ben si sposa alla produzione compressa e diretta, che fa della forza d’urto il proprio punto di forza, soprattutto nel momento di rialzarsi dopo uno slancio melodico prolungato. Le parti chitarristiche si concentrano sulla costruzione di riff muscolosi piuttosto che su linee solistiche al fulmicotone e da ciò derivano brani dall’incedere pesante...

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e cadenzato come la buona Pulling Teeth, che si alternano a composizioni più veloci e furiose come Buying Time.

Il mid-tempo è però quello su cui la band trova maggiore spazio d’azione, soprattutto per rivelarsi nella sua veste melodica più costruita e articolata, particolare che vale all’album una buona dose si dinamismo nel districarsi dall’ovvio impasse d’immobilismo che affligge generi dello stesso ceppo artistico.

Il tema generale del disco è quello dell’affrontare i traumi causati da abbandoni sentimentali, cosa che non risulta certo nuova, ma che viene eviscerata in tutte le sue forme, da quelle più subdole e apparentemente impercepibili, per arrivare fino a quelle più devastanti e distruttive. Beyond Repair non inventa nulla, ma spazia bene fra gli estremi del proprio range espressivo, e consegna così alle stampe un lavoro solido e molto curato.

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