George Thorogood - Party For One

di Dario Guardino
11 ottobre 2017

recensione

George Thorogood
Party For One
Rounder Records
Non c’è modo migliore che approcciare una nuova release discografica attingendo dalle dichiarazioni di chi l’ha concepita, nella fattispecie George Thorogood: “Questo disco rappresenta quello che ero, quello che sono e quello che sarò sempre… E' un progetto che arriva un po' in ritardo, forse sarebbe potuto essere il mio album di debutto…” Stiamo parlando di Party Of One, il nuovo disco (il 14esimo in studio) di George Thorogood, il primo senza The Destroyers, la band che lo ha accompagnato lungo il suo percorso.

Un romantico filo di Arianna lega il nuovo Party Of One al primo album pubblicato nel lontano 1976 dalla Rounder Records, la stessa etichetta per la quale il chitarrista statunitense aveva firmato il suo primo contratto. L’album in questione è un compendio di cover (… negli anni, Thorogood ne ha incise oltre 130), nate sotto il comune denominatore del blues.
Non è un caso, infatti, che la opening track – ovvero I’m A Steady Rollin’ Man – porti la firma di quello che per molti è tuttora il padre del blues, ovvero Robert Johnson. Un brano eseguito in solitaria da Thorogood con la sua amata sei corde e...

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l’immancabile slide.
Segue Soft Spot, un gradevolissimo country firmato da Gary Nicholson e Allen Shamblin, mentre Tallahassee Women è di John Hammond Jr., qui condito da una atmosfera country blues d’altri tempi ed in cui Thorogood non fa nulla per nascondere la sua maestrìa di con lo slide.

Arriva quindi un ulteriore classico, questa volta firmato da Willie Dixon, (uno degli autori più “saccheggiati” della storia del blues): si tratta del l’ipnotico Wang Dang Doodle, in cui fuoriesce tutto il divertimento e la spensieratezza di Thorogood nell’affrontare questo brano in solitaria, accompagnato da chitarra elettrica, armonica, dobro, acustica, ed il fedele slide. In fondo l’essenza del blues è rappresentata proprio da questo e l’artista del Delaware colpisce nel segno.

Boogie Chillen
è un classico dell’indimenticato John Lee Hooker nell’interpretazione meno iptnotica e più trascinante di Thorogood, mentre con No Expectation egli va a rendere omaggio ai Rolling Stones: una delle più riuscite cover dell’album in questione.
E’ quindi la volta di un classico di Johnny Cash – Bad News – la cui atmosfera sognante viene rievoca a meraviglia da Thorogood, mentre non poteva mancare un episodio del più famoso menestrello della storia, ovvero Bob Dylan. Qui Down The Highway viene resa con il classico piglio blues di Thorogood, in una versione apprezzabile anche dai fans più incalliti di Dylan.

Arriva quindi un ulteriore pilastro del blues: si tratta del celebre Got To Move di Elmore James, uno dei più amati bluesmen di sempre (che lo stesso Thorogood indica tra i suoi mentori), qui eseguito con la sola chitarra elettrica. Suoni scarni: chitarra/ampli/mani. Nulla di più…
Con Born With The Blues di Brownie McGhee, si torna alla chitarra acustica. Poi di nuovo Elmore James e di nuovo un classico immarcescibile della musica del diavolo, ovvero The Sky Is Crying, della quale val la pena ricordare anche la splendida versione di SRV. Qui il brano viene eseguito in versione acustica, una rilettura sicuramente meno trascinante dell’originale, ma che mantiene tuttavia un certo fascino.

L’album si avvia verso la conclusione regalando all’ascoltatore ulteriori due classici di John Lee Hooker – The Hookers (If You Miss ‘im…I got ‘im) e One Bourbon, One Scotch, One Beer (quest’ultimo eseguito Live From Rockline) – le cui versioni riportano la mente indietro nel tempo ed evidenziano ulteriormente la viscerale passione di Thorogood per il classic blues. Tra i due brani di Hooker trova posto Pictures From Life’s Other Side (di Hank Williams), qui in una sobria ed elegante versione country.

Il cd in questione, a differenza della versione in vinile, contempla anche una bonus track: si tratta di Dynaflow Blues, ulteriore gemma a firma Robert Johnson.

La produzione dell’album è stata affidata ad una vecchia conoscenza, ovvero Jim Gaines (che ha lavorato in passato con SRV, lo stesso John Lee Hooker, così come in alcuni album dello stesso Thorogood con The Destroyers). Un album che si discosta considerevolmente dalla precedente produzione di Thorogood, ma che appare sincero e ben riuscito in tutto e per tutto.

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