ASIA JOHN WETTON Gravitas

di Fausto Forti
25 giugno 2016

intervista

ASIA
JOHN WETTON
Gravitas
Andiamo subito al sodo e diciamo che si tratta del loro classic-album in quasi 30 anni di onorata carriera. Parliamo degli Asia e del nuovo lavoro che hanno titolato Gravitas...

Per molti non si è trattato di una sorpresa: da 8 anni a questa parte - da quando cioè gli Asia sono tornati in affari nella formazione a quattro - la crescita è stata continua, disco dopo disco. Era inevitabile che ci scappasse il classic-album... e Gravitas senza dubbio lo è... dai tempi di Astra (1985).

Un album - Gravitas- che racchiude tutto il mood che ha fatto degli Asia una band incensata e seguita come poche dagli inizi degli anni Ottanta: musica per i palati non solo prog rock style, interventi al limite del virtuosismo e atmosfere rilassate e sempre di elevato standard qualitativo. Brani come Valkyrie e la title-track sfoggiano melodie accattivanti e interventi di pregio, a cominciare dalla chitarra (firmata dalla new entry , il 27enne Sam Coulson) e dal basso di John Wetton, colto in un momento di grazia.

The Close I Get To You è...

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una power ballad che, pur non essendo l'episodio migliore, si mostra di grande presa grazie a un pianoforte che delizia.

Nyctophobia, con Wetton alla voce, riporta ai tempi di Heat Of The Moment, mentre Heaven Help Me Now parte con una melodia che va a sfociare in un incantevole intervento della chitarra acustica.

Gravitas segna dunque un ritorno trionfante degli Asia, con i chiari echi di un passato glorioso e i nuovi tratti del presente, più l'inserimento di Sam Coulson (classe 1987), che apporta quel quid di coraggio dato dalla sua generazione, e una sezione ritmica che pare aver (ri)trovato l’alchimia dei giorni migliori.

ASIA,lineup 2014
John Wetton – bass
Carl Palmer – drum
Sam Coulson – guitar
Geoff Downes – keyboard

Incontriamo John Wetton e con lui parliamo dell’ultimo lavoro targato Asia, del futuro della band e dei vari progetti in cantiere...

Iniziamo dal titolo Gravitas, il cui significato in latino è dignità...
Proprio al suo significato originale mi sono ispirato nel comporre il brano che dà il titolo all'album. Un album che parla della disintegrazione di una relazione, di un divorzio durante il quale entrambe le parti vorrebbero mantenere intatta la propria dignità, senza scadere nelle tipiche querelle legate a una separazione. Il reciproco rispetto rimane fondamentale. E' una storia autobiografica: un divorzio terribile, che mi ha quasi ucciso. Una sofferenza immane. Il testo è a tratti surreale, quasi metafisico, ma il fatto è dannatamente reale. In verità, sonso due i brani del disco che affrontano questo tema delicato e l’altro è The Closer I Get To You in cui lui non riesce a capire perché il suo matrimonio stia andando a rotoli, sentendosi impotente. Ho composto l’intro/chorus di Gravitas sul mio magic piano, quello con cui sono nati molti brani degli Asia. Lo adoro e me lo sono portato dietro nei vari traslochi di questi ultimi 30 anni! Tornando al brano, l'intro e' nata sul pianoforte ma poi e' stata suonata da una chitarra elettrica grintosa, perfetta per rappresentare l’acrimonia e il sentimento di rivalsa che solitamente permea ogni divorzio. Da notare poi l’ottimo assolo di Sam Coulson e il favoloso drumming di Carl (Palmer), che continua a picchiare duro. Carl è straordinario anche perchè sa entrare nel mood di ogni brano, mantenendo al contempo la sua identità di grande batterista. Tornando ai testi, tutto l’album racconta esperienze personali, Nyctophobia compreso.

Nessuno, meglio di te, può conoscerli e narrarli...
Esatto! Devi sapere che la mia vita è cambiata nel momento in cui ho ascoltato l’album Blue di Joni Mitchell, all’inizio degli anni Settanta. In esso Joni raccontava di sé come stesse scrivendo un diario. Una malinconica e poetica raccolta di song autoreferenziali che mi aveva toccato nel profondo e convinto che questo sarebbe stato anche il mio modo di scrivere. In quel periodo, il rock che si stava forgiando in Inghilterra era incentrato su fatti e accadimenti di cui l’autore era un osservatore, un testimone esterno... raramente i testi erano introspettivi e autobiografici.

Hai accennato a Sam Coulson, la new entry. Un giovane ormai una realtà, più che una promessa. Come lo avete incontrato? E’ riuscito a integrarsi subito nella band?
Un anno e mezzo fa, a San Francisco, Steve [Howe] annunciò ufficialmente che se ne sarebbe andato, ma io lo sapevo già da un paio di settimane. La situazione era davvero pesante: la band girava a mille ed eravamo nel mezzo di un tour di successo. Ne discutemmo e rispettammo la sua decisione. Ok, dissi a Steve, ma a quel punto dovevamo trovare immediatamente un chitarrista, altrimenti la band sarebbe implosa. Ci riunimmo d’urgenza e Carl [Palmer] mi chiese se ero intenzionato a continuare. “Certamente!” gli riposi Anche Geoff fu d’accordo. Nell’arco di pochi giorni avremmo dovuto dare due importanti annunci: che avevamo trovato un chitarrista e che presto sarebbe uscito il nuovo album, Valkyrie. Chiamai subito Steve Lukather ma era totalmente assorbito dagli impegni con i Toto e molto educatamente, come è nel suo stile, declinò l’offerta. Allora Carl suggerì Paul Gilbert dei Mr. Big, ma anche lui era preso da vari impegni. Concludemmo perciò che sarebbe stato meglio un volto nuovo. Vennero fuori due nomi, un chitarrista inglese e un americano, entrambi musicalmente brillanti e ottimi performer. Dei due, Sam [Coulson] era il più giovane e caratterialmente più idoneo alla band: si stava per sposare, dunque era tranquillo, non beveva, non si drogava e pareva più maturo di molti della sua età. Inoltre, ma è solo una coincidenza, era originario delle Midlands inglesi, gli stessi luoghi di Carl e Geoff. Curiosamente infine, viveva a poche miglia da noi, il che rendeva tutto più facile. Il suo inserimento in squadra fu rapido e, direi, indolore. Sam mostrava una tecnica eccellente ed assoli eleganti e mai sopra le righe. Tre giorni dopo annunciammo il suo ingresso nella band tramite un comunicato ufficiale, unitamente alla notizia di Valkyrie, il nostro nuovo disco.

Valkyrie era il brano pensato per dare il titolo all'album?
Corretto. A quel punto eravamo nuovamente una band, avevamo firmato con la Frontiers, una importante etichetta discografica, e i brani erano tra i nostri migliori. Studiammo un piano: alcuni concerti “di riscaldamento” con Sam, tanto per rodare la nuova formazione, e poi via in studio. La cosa più importante fu il ritrovato cameratismo. Anagraficamente Sam potrebbe essere nostro figlio, ma come zii, direi che ce la caviamo alla grande! Tornando al titolo del disco, ci riunimmo e io proposi Valkyrie. Ora, il mio compito negli Asia, è scrivere i testi e trovare i titoli adatti. Se qualcuno non è d’accordo, ha due possibilità: mettere sul piatto qualcosa di meglio, o lasciare a me il compito di trovare qualcosa di diverso. Fu allora che Carl disse che nella tipica iconografia, le Valkyrie erano dee molto potenti, più di molti uomini, e questo poteva non essere gradito ad alcuni. Esclamai: “ho un titolo di riserva, Gravitas...” e tutti si congratularono per l'idea. A quel punto il brano Valkyrie era già stato registrato e, a mio parere, riassumeva lo spirito dell'album. Se esistessero ancora i singoli, sarebbe stato il primo tratto dall’album! Mio figlio è per metà tedesco, dunque conosce bene la musica classica e con essa la potenza espressiva della Cavalcata delle Valkirie di Richard Wagner... il quale, per inciso, non può più pretendere diritti di copyright. Forse, quando ci rivedremo nell’aldilà, punterà il dito verso di me dicendo: “ehi, tu…!” [ride]

Gravitas è il vostro primo album autoprodotto, giusto?
Giusto. Cosa che ci ha caricati di maggiori responsabilità. Io e Geoff ci siamo fatti un bel mazzo!. Un produttore esterno dà sempre il suo parere ma, chi meglio dei diretti interessati, ha in mente il miglior arrangiamento e spirito di un brano? Ogni produttore che ho incontrato nella vita mi ha detto: “voglio realizzare i tuoi sogni...” ma era sicuro di conoscerli meglio di me?

Torniamo ai brani: The Closer I Get To You è una splendida power ballad con tanto di assolo di Sam e un disegno di basso di estrema eleganza. Un tour de force di 8 minuti...
The Close I Get To You è stato uno degli ultimi brani composti. Il chorus, dio benedica Geoff, è semplicemente esplosivo, poi ciascuno di noi ci ha messo del suo ed abbiamo raggiunto un vertice di musica e poesia raramente toccato in passato. Se ascolti la backing track ne rimarrai colpito. Sam fa urlare la sua Vigier, mentre Carl pompa come un dannato!

Con Nyctophobia si torna al rock, seppur declinato alla maniera degli Asia...
Beh... Il titolo significa “paura del buio” e, per estensione, della notte: una fobia di cui soffro da tempo. Avevo solo il primo verso di questo brano e, a casa mia nel Bournemouth, io e Geoff ci abbiamo lavorato su sino a trasformarlo in un brano vero e proprio... con tanto di titolo! La melodia della seconda parte ha un po’ il sapore dei Beach Boys, uno dei gruppi che adoro sin da ragazzo, ed anche qui vorrei far notare l’ottimo lavoro della chitarra di Sam.

Brano più evocativo e d’atmosfera è Russian Dolls...
Tutto ebbe origine alcuni anni fa, durante un tour degli Icon (John e Geoff) in Russia. Era inverno, e dopo aver fatto un concerto a Mosca prendemmo il treno di mezzanotte con destinazione San Pietroburgo, dove avremmo suonato il giorno successivo. Il viaggio durò diverse ore, e questo mi diede l’opportunità di prendermi degli appunti. La stazione di Mosca, il freddo intenso e tantissima neve, il treno che sbuffava, il vapore che fuoriusciva quasi congelandosi, lo sferragliare dei vagoni per l’attrito con le vecchie rotaie e il té servito con il Samovar nella carrozza ristorante... tutto questo mi fece venire in mente il film Assassinio sull’Orient Express. Al risveglio, la giornata era luminosa, il cielo terso e San Pietroburgo assolutamente magnifica. Tutto molto, molto evocativo. Non potevo non documentare tutte queste cose: ogni elemento da racchiudere idealmente nell’altro, come una bambola russa [russian doll], una Matrioska. Anche questo brano l’ho messo a punto con il mio magic piano che, per la cronaca, possiedo dalla prima session con gli Asia (1981).

Ci dici qualcosa in più del tuo magic piano?
Lo notai in un angolo dello studio in cui eravamo, malconcio e pieno di polvere. Provai tenerezza e chiesi al proprietario se me lo vendeva. Accettò e lo pagai poco per essere un pianoforte a coda. Lo portai da un bravo restauratore e poi da un amico accordatore. Sono 35 anni che io e il mio magic piano lavoriamo assieme...

Il brano che preferisci della scaletta di Gravitas?
Forse ti pare strano ma nessuno di quelli citati sinora. Si tratta di Heaven Help Me Now, un trittico di melodie fuse insieme. All’inizio era soltanto una breve intro dedicata all’Angelo Custode (chiamato Wings Of Angels) che amavo suonare durante i soundcheck in Canada, una ventina di anni fa. Più tardi mi accorsi che sarebbe valsa la pena sviluppare l’idea. Ne parlai a Geoff, e lui se ne venne fuori con la seconda parte (Prelude) nel corso di un soundcheck in Germania. Non appena la ascoltai, dissi a Geoff di segnarsela, poiche' rientrati a casa, ci avremmo lavorato sopra. La parte centrale infine, la più significativa: un appello, una richiesta d’aiuto a chi sta lassù...

Non possiamo non chiederti del brano Joe DiMaggio’s Glove...
Immagino! Si tratta dell’unica, vera canzone d’amore dell’album, in cui il protagonista, uno scapolo cinico e impenitente, viene alla fine conquistato dalla donna che lo ama. L’idea e' stata quella di giocare sulla giustapposizione tra la vita precedente del protagonista e quella dopo il cambiamento: una storia a lieto fine, una volta tanto. Anche questa song l'ho composta col mio piano. Direi che il 95% delle mie composizioni nasce col pianoforte ed il restante il 5% con la chitarra acustica. Perlopiù imbracciando una Ayers [marchio fondato nel 1996 da Mr. Huang Chengfa], oppure una Lag, oppure ancora una Takamine a 12 corde.

Non svicolare, qual è il nesso con Joe DiMaggio?
Una volta mi capitò di sentir dire: “it’s soft as Joe DiMaggio’s glove!”... E così pensai: “wow, ecco una fantastica frase da usare in una song!” Aggiungiamoci il fatto che sono un discreto fan del baseball…

Tu sai che citando DiMaggio sarai riconosciuto a vita come fan degli Yankees...
Ne sono conscio e intanto possiedo già un loro cappellino! Ma c'è una cosa importante: sono sempre stato segretamente innamorato di Marylin Monroe e, naturalmente, mai stato geloso di DiMaggio! [ride] (DiMaggio fu marito della Monroe per pochi mesi, nel 1954). A proposito, la vostra è una rivista italiana: sapevi che la famiglia DiMaggio era di origini italiane, precisamente siciliane?!

Chiudiamo con l’equipment che hai utilizzato per la realizzazione di Gravitas?
Ho utilizzato quasi esclusivamente il mio basso Zon collegato ad ampli Engl. Questo mio Zon appartiene alla Legacy Elite Series e riporta il numero VII perché è il settimo fatto appositamente per me. L’ho battezzato Gatto Nero [il brano omonimo compare sull’album XXX], perché Al Gatto Nero è il nome della pizzeria sotto casa mia: ci vado spesso, fanno una margherita fantastica! Solitamente uso bassi a 4 corde, non ho mai adottato un 5, mentre ho usato un 6 corde nei primissimi tempi degli Asia. Sui miei bassi monto corde Rotosound...

Agli esordi degli Asia utilizzavi già i bassi Zon, giusto?
Giusto, poi presi ad utilizzare bassi Ibanez e Fernandes. Sono tornato agli Zon in tempi più recenti...

Asia non Asia


E’ sin troppo facile parlare di super gruppi, una definizione usata ed abusata che spesso delude: ma non nel caso degli Asia.

I 4 musicisti coinvolti arrivano da combo d’alto rango: precisamente, da Yes (Steve Howe,) The Buggles (Geoff Downes), ELP (Carl Palmer), Uriah Heep e King Crimson (John Wetton). Formazione che già dal primo omonimo vagito discografico (1982) mostra i muscoli.

L’album omonimo - forte del successo di brani come Heat Of The Moment, Sole Survivor e Only Time Will Tell - guadagna 3 dischi di platino e resta in cima alle classifiche statunitensi per oltre due mesi. E’ solo l’inizio di una bella avventura, anche se non mancheranno i momenti bui per via di quel pop/rock a tratti troppo elettronico e di poca presa che ne pregiudica il successo di un tempo. Poi, ci sono gli attriti nella band: causa prima di allontanamenti, split e scioglimenti.

Alla fine del 1983, John Wetton (basso), lascia il posto a Greg Lake mentre l’anno successivo Steve Howe abbandona per unirsi a Steve Hackett (già chitarra solista dei Genesis), nell’effimero progetto GTR. Poi è Carl Palmer (batteria) a salutare, riunendosi a Keith Emerson nel progetto Three, cercando (senza fortuna) di rinnovare gli antichi fasti degli ELP. Gli Asia sbandano e per alcuni anni di loro si perdono le tracce.

La reunion avviene nel 1990 con il chitarrista Pat Thrall al posto dello stesso Howe, ma è una parentesi. Sui solchi di Live Mockba 09-XI-90 ricompare come per incanto Steve Howe e con lui di nuovo in organico, la band incide Aqua (1992). Ma il successo stratosferico del decennio precedente è solo un ricordo.

Nel 1999 viene annunciato un tour mondiale ed è Geoff Downes a mettere in piedi una nuova versione della band rimpiazzando Wetton con il bassista John Payne e dando alle stampe due album, Aria (1994) e Arena (1996), giudicati pero' dalla critica “buoni lavori, pur se certo non notevoli!” Il millennio si chiude con una situazione di stallo permettendo a Wetton e Downes di mettere mano agli archivi e di pubblicare Archiva I e Archiva II.
Nel 2001 arriva Aura, caratterizzato dal ritorno verso le atmosfere progressive degli inizi. Nulla di eclatante però, tanto è vero che, scherzando, una sera Payne e Downes confessano che gli Asia “si daranno a hip-hop e R&B per sopravvivere...!”

Nel 2004 tocca a Silent Nation e l’inserimento di Billy Sherwood procura qualche recensione positiva in più, regalando alla band una imprevista visibilità sulla rete. Da notare che questa formazione vede Downes alle tastiere, Payne al basso, Chris Sled alla batteria e Guthrie Govan (futuro Aristocrats) alla chitarra. Come dire? Un solo membro originale del combo!

Considerando però che una volta toccato il fondo non si può che risalire, ecco che con Icon (2005), opera della coppia Wetton/Downes la situazione cambia.
Wetton convince Downes a dare il benservito a Payne e così, in occasione del 25esimo anniversario della band, Palmer e Howe accettano di tornare all’ovile per un lungo tour negli States (2006). Il successo è incoraggiante, tanto che viene decisa una appendice nella vecchia Europa (testimoniata da una serie di Official Bootleg).

L'intensa attività live prosegue con un tour mondiale da cui sarà tratto Fantasia- Live In Tokio (2008). Nel frattempo, i rapporti in seno alla band sembrano tornati idilliaci tanto che decidono di battere il ferro finché è caldo, come si suole dire, incidendo nuovi brani che andranno a comporre Phoenix (2008): album che, grazie al ritorno verso sonorità del periodo Aura e Alpha, ottiene un buon riscontro.

Del 2010 è Omega, album più compatto e maturo, che mantiene la band sulla via del successo e li porta a imbracarsi nell’ennesimo tour mondiale. E siamo all’oggi.
Nel 2012 vede la luce XXX, terzo lavoro di studio dopo il ritorno alla formazione originale: l’ultimo, prima dell’uscita di Steve Howe a causa degli impegni presi con gli Yes.

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